Il commosso saluto di Pavia all’ex ministro Virginio Rognoni

Nella chiesa del Carmine presenti tanti rappresentanti delle istituzioni. L'amico Romano Prodi: "Con lui se n'è andata la parte bella di un mondo che non c'è più"

“Con lui se n’è andata la parte bella di un mondo che non c’è più”. Così, con voce commossa, Romano Prodi ha rivolto oggi, venerdì 23 settembre, il suo pensiero a Virginio Rognoni, morto a 98 anni. L’ex premier ha presenziato, insieme alla moglie Flavia Franzoni, al funerale dell’uomo politico pavese, per tre volte ministro (all’Interno, alla Giustizia e alla Difesa) e vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, celebrato nella chiesa di Santa Maria del Carmine a Pavia (nella foto l’arrivo del feretro nella basilica, dopo il picchetto d’onore in piazza con le forze dell’ordine). ” ‘Gingio’ – ha aggiunto Prodi, grande amico di Rognoni, uscendo di chiesa al termine del rito funebre – era un meraviglioso incrocio tra razionalità e passione. Ogni suo ragionamento era frutto di ponderazione, ma poi emergeva in lui il fatto che la politica è soprattutto donazione, un movimento del cuore. E’ sempre stato coerente in tutto, sino alla fine”. Alle esequie di Virginio Rognoni sono intervenuti, tra gli altri, David Ermini, attuale vicepresidente del Csm, Bruno Tabacci, Patrizia Toia, Mariapia Garavaglia, Nando Dalla Chiesa e Armando Spataro.

Il rito funebre presieduto dal Vescovo Corrado Sanguineti 

“Oggi onoriamo l’onorevole Virginio Rognoni come servitore onesto e coraggioso dello Stato – ha sottolineato nell’omelia (che potete leggere integralmente sul sito www.diocesi.pavia.it ) il Vescovo Corrado Sanguineti, che ha concelebrato con il vescovo emerito Giovanni Giudici e numerosi sacerdoti della diocesi di Pavia -, perché in quegli anni bui seppe assumere responsabilità gravi e mettere a rischio l’incolumità della propria persona. E’ stato un uomo della ‘prima repubblica’, testimone autorevole di un modo ‘alto’ di fare politica, a servizio del bene comune e di una stagione complessa e drammatica, in cui il Paese seppe rialzarsi e reagire, con un comune e concorde impegno di tutte le forze democratiche, di varia ispirazione ideale. Sotto questo profilo, la sua testimonianza e il suo modo di vivere, da autentico cristiano, una sana laicità dello Stato e insieme la fedeltà a principi e valori essenziali, restano un esempio valido anche per oggi, per chi s’impegna nella vita amministrativa e politica, per chi è chiamato ad assumere responsabilità di governo”.

Nando Dalla Chiesa: “E’ sempre stato vicino a mio padre”

“E’ una persona che mi ha sempre voluto bene. Ogni 3 settembre, nell’anniversario dell’uccisione di mio padre, mi cercava sempre: lo ha fatto anche quest’anno”. Così Nando Dalla Chiesa, uscendo dalla chiesa di Santa Maria del Carmine a Pavia al termine del funerale, ha ricordato oggi Virginio Rognoni. Nando, con voce rotta dalla commozione, ha sottolineato la vicinanza che l’allora ministro dell’Interno garantì sempre a suo padre, il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, ucciso 40 anni fa dalla mafia (insieme alla moglie Emanuela Setti Carraro e all’agente di scorta Domenico Russo) a Palermo mentre da prefetto stava combattendo la criminalità organizzata. “Quella fu un’estate terribile – ha aggiunto Nando Dalla Chiesa -. Rognoni ha fatto tutto quello che poteva, in quella situazione. E’ stato anche l’unico a non mentire nel processo che riguardava mio padre: disse la verità”.

Presente alle esequie anche Armando Spataro, ex magistrato, già procuratore della Repubblica aggiunto al Tribunale di Milano e coordinatore del Gruppo specializzato nel settore dell’antiterrorismo: “Ci siamo conosciuti negli anni di piombo, quando lui è diventato ministro dell’Interno. Ho sempre apprezzato la sua grande capacità di dialogo e anche di ascolto, prima di fare le scelte e di battersi con coerenza e competenza. Un atteggiamento che ha mantenuto anche nella lotta alla mafia e nella vicepresidenza del Csm. In questi ultimi anni ci siamo sentiti e visti tante volte. Ci saremmo dovuti vedere anche lunedì prossimo, mi ero segnato sull’agenda ‘chiamare Virginio’: purtroppo non è stato possibile. E’ stato un grande, un esempio di fedeltà alle istituzioni, ai diritti umani, rispettoso di ogni interlocutore di diverso schieramento politico e di chi aveva opinioni differenti dalla sua”.

“Il mio legame con Virginio risale ai tempi di Marcora – ha raccontato Bruno Tabacci -. Chi ha avuto la fortuna di queste frequentazioni, non può dimenticarlo. Rognoni ha sempre dimostrato che la politica è passione: De Mita, che è morto da poco, ha giustamente dichiarato che dalla politica non ci si può dimettere: siamo ancora qui a testimoniarlo”.