“Il nostro auspicio è che il vaccino sia pronto per la primavera dell’anno prossimo”. Così Francesco Vaia, direttore sanitario dell’Istituto nazionale malattie infettive (Inmi) “Lazzaro Spallanzani” di Roma, dove questa mattina, lunedì 24 agosto, è iniziata la sperimentazione sull’uomo di Grad-CoV2, il candidato vaccino italiano contro Sars-CoV-2 il virus che causa il Covid-19, realizzato, prodotto e brevettato dalla società biotecnologica italiana ReiThera. Il primo volontario, una donna scelta tra le migliaia che si sono offerti con grande generosità, ha ricevuto tramite iniezione intramuscolare la dose di vaccino ed iniziato l’iter che la porterà nei prossimi mesi a sottoporsi a una serie di ravvicinati controlli periodici che serviranno ai ricercatori per verificare la sicurezza e la tollerabilità del vaccino, nonché eventuali effetti collaterali. La sperimentazione, messa a punto da un team di ricercatori e clinici dello Spallanzani in collaborazione con ReiThera, sarà effettuata su novanta volontari suddivisi in due gruppi per età: 45 tra i 18 e i 55 anni, altrettanti di età superiore ai 65 anni. Ciascun gruppo sarà suddiviso in tre sottogruppi da 15 persone, a ciascuna delle quali verrà somministrato un diverso dosaggio del preparato vaccinale. Una parte della sperimentazione sarà effettuata presso il Centro ricerche cliniche – Policlinico G.B. Rossi di Verona, e successivamente anche negli ospedali di Piacenza e Cremona. Se i primi risultati della fase 1 saranno positivi, entro la fine dell’anno potranno prendere il via le fasi 2 e 3, che saranno condotte su un numero maggiore di volontari anche in paesi dove la circolazione del virus è più attiva.
“A questa persona – ha spiegato Vaia – è stata inoculata una prima dose e verrà tenuta qui in osservazione per quattro ore. Dopodiché andrà a casa e verrà richiamata e osservata per 12 settimane. Mercoledì 26 ci saranno altri due volontari, poi a seguire tutti gli altri fino a 24 settimane”. “Se tutto andrà bene – ha proseguito – ci sarà la seconda e la terza fase che faremo in un paese – probabilmente dell’America latina – dove il virus è in fase di crescita”. E sui tempi ha concluso: “A noi interessa che il vaccino sia efficace. Comprendiamo bene che prima facciamo meglio è; se tutto avviene nei tempi che abbiamo programmato, al termine di queste 24 settimane potremo essere più precisi. Il nostro auspicio – e lavoriamo per questo – è che sia pronto nella primavera dell’anno prossimo”. (AGENSIR)