«Beccaria e i suoi autori. Adesioni, divergenze, contaminazioni»

di Giuseppe Cospito

(Professore associato di Storia della Filosofia, Dipartimento di Sudi Umanistici dell’Università di Pavia)

 

Dal 6 all’8 novembre prossimi, presso l’Aula Goldoniana del Collegio Ghislieri di Pavia, si terrà il convegno internazionale dal titolo «Beccaria e i suoi autori. Adesioni, divergenze, contaminazioni». L’iniziativa è stata ideata e organizzata da Gianni Francioni, professore emerito di Storia della Filosofia presso l’Università di Pavia, che allo studio degli scritti e del pensiero di Cesare Beccaria e dell’Illuminismo lombardo ha dedicato una parte importante della sua attività intellettuale. Oltre ad aver messo a disposizione degli studiosi una versione filologicamente accurata del “Dei delitti e delle pene” (così come di altri scritti di Beccaria, Pietro Verri e Giuseppe Gorani), Francioni ha avuto l’indubbio merito di attirare definitivamente l’attenzione sulla natura profondamente filosofica di quello che troppo a lungo è stato considerato solo come un testo di carattere giuridico. Lo scopo di questo convegno, al quale Francioni non potrà partecipare essendo mancato il 19 maggio scorso, è quello di portare ulteriori elementi alla conoscenza delle fonti della teoria filosofica della pena costruita da Beccaria, che in parte trae spunto da pensatori a lui precedenti o contemporanei, e in parte ne prende le distanze, con un atteggiamento che, utilizzando una categoria storico-filosofica, successiva, potrebbe essere ricondotto all’eclettismo, nell’accezione migliore del termine.

Per questo, dopo una “Lectio magistralis” del filosofo del diritto ed ex magistrato Luigi Ferrajoli, che all’opera di Beccaria ha dedicato scritti fondamentali, è prevista una serie di interventi dei massimi studiosi italiani e internazionali dell’autore del “Dei delitti”, dedicati ai suoi rapporti con il pensiero di Hobbes e di Locke, del neoumanesimo giuridico italiano e del giusnaturalismo groziano, di Montesquieu e di Rousseau, di Condillac e di Hume, di Helvétius e di Diderot. Ma nel corso delle tre quattro sessioni di studio, suddivise in tre giornate, verranno affrontate anche la ripresa da parte di Beccaria di tematiche epicuree, il suo rapporto con Alessandro Verri e, infine, la presenza della sua opera in due fondamentali esponenti del pensiero filosofico novecentesco come Foucault e Derrida.

Sono trascorsi più di 260 anni dalla pubblicazione del “libretto” scritto dal marchese Beccaria per dimostrare non solo l’ingiustizia ma l’inutilità della tortura e della pena di morte, aprendo la strada per la loro progressiva abolizione in un numero sempre crescente di nazioni; la strada verso la loro universale messa al bando è tuttavia ancora lunga e incerta, e anche per questo vale la pena di tornare a riflettere sulle ragioni teoriche a riguardo portate nel “Dei delitti” e sulle loro radici filosofiche più profonde.