Al Policlinico San Matteo di Pavia è stato eseguito, per la prima volta in Italia, un intervento di rimozione di un dispositivo endocavale con tecnologia laser. La paziente sottoposta alla procedura, un anno fa era stata ricoverata in Chirurgia Vascolare per emorragia cerebrale e trombosi venosa profonda: di conseguenza, le era stata diagnosticata una controindicazione assoluta alla somministrazione di terapia anticoagulante. All’epoca era stata sottoposta a posizionamento di “filtro cavale removibile” per prevenire una eventuale embolia polmonare acuta.
“L’embolia polmonare, cioè la formazione oppure migrazione di un coagulo a partenza dagli arti inferiori (trombosi venosa profonda) a livello dell’arteria polmonare, continua ad avere elevati tassi di mortalità – commenta Antonio Bozzani, direttore facente funzione di Chirurgia Vascolare -.. Anche se la terapia anticoagulante rappresenta lo standard nel trattamento e nella prevenzione di questa patologia, in alcuni pazienti, come poli-traumatizzati, traumi cranici, emorragie cerebrali, risulta controindicata. Per questa ragione, di fronte ad una trombosi venosa profonda e nell’impossibilità di somministrare la corretta terapia anticoagulante, sono stati creati dei dispositivi (filtri cavali) che, posizionati per via endovascolare in vena cava inferiore, vale a dire la principale vena che trasporta il sangue al cuore dall’addome e dagli arti inferiori, funzionano da barriera alla migrazione di coaguli ai polmoni”.
Mentre, in passato, questi dispositivi erano definitivi, oggi sono removibili, sempre con metodica endovascolare.
Trascorso quasi un anno dall’impianto e guarita dalla trombosi venosa profonda la paziente poteva essere sottoposta a rimozione del filtro cavale. Tuttavia, in fase di esecuzione di Tac, gli specialisti hanno notato la presenza di “lacinie cicatriziali” tra il filtro cavale e la parete della vena cava inferiore. Da qui l’idea di utilizzare un catetere cavo con alla sua estremità distale una “fonte laser ad eccimeri”, una tecnica utilizzata all’estero. La procedura, eseguita dai radiologi interventisti Nicola Cionfoli e Riccardo Corti, è durata circa un’ora e ha permesso di recuperare il dispositivo e dimettere la paziente il giorno successivo, senza complicanze.