di Alessandro Repossi
“Vigevano si è meritata la promozione: è il risultato di una programmazione partita già da qualche anno. Ora sono pronti per l’A2, anche se non sarà facile: faccio loro i complimenti più sinceri. Però, attenzione, Pavia non ha nulla da invidiare a Vigevano, come storia e grande passione per il basket. Ma per nutrire ambizioni più che legittime, serve un progetto serio e una società capace di supportarlo nel tempo”. Dante Anconetani (nella foto, ndr) serve un assist alla sua maniera, come quando con la maglia dell’ Annabella Pavia illuminava il parquet di via Treves mandando in visibilio 4mila tifosi. E’ una dichiarazione, quella dell’ex play di Chieti (poi più volte dirigente, una volta chiusa la carriera di giocatore), piena di amore di orgoglio per la Pavia dei canestri. Parole che, in qualche modo, confortano i tifosi pavesi in un’estate difficile, con la loro squadra scivolata in B2 e i cugini ducali saliti in A2. Proponiamo anche sul nostro sito l’intervista pubblicata sull’ultimo numero del settimanale “il Ticino”
“Sono arrivato a Pavia nel 1986, per disputare le mie ultime stagioni da giocatore, e qui mi sono trasferito in pianta stabile – racconta Dante -. Oggi la considero la mia città. E’ uno dei luoghi ‘storici’ in Italia per la pallacanestro, uno sport che la gente ama e vive visceralmente. Come rilanciare il basket a Pavia? Non ho una ricetta magica da proporre. Ma è innegabile che per risalire la china servono un progetto chiaro, frutto di idee condivise, e la giusta esperienza”. Risorse che Anconetani ha acquisito negli anni, in particolare per le relazioni intrecciate ai tempi della sua presidenza alla Fortitudo Bologna: “Se oggi chiamo Gianni Petrucci (il presidente della Federazione Italiana Pallacanestro, ndr) lui mi risponde. E potrei dire lo stesso per altri personaggi del basket italiano. Per programmare un futuro importante, si devono coltivare le conoscenze giuste. Servono rapporti corretti e limpidi anche con i procuratori dei giocatori. L’alternativa può essere quella di comprare il titolo sportivo e fare così il salto di categoria: ma se alle spalle non hai una società strutturata, rischia di essere un investimento effimero. Senza fondamenta, non si costruisce una casa solida”.
Anconetani elogia gli sforzi dell’attuale dirigenza di Pavia: “Ogni anno fanno sforzi incredibili per ripresentare la squadra al via del campionato. C’è stato anche chi, con grande passione e spirito di sacrificio, ha anche dato più di quanto era nelle sue possibilità. Però con questo andazzo non si va molto avanti. Essere riusciti a coinvolgere una realtà come Riso Scotti è stato un bel colpo, ma la presenza di un nome così prestigioso avrebbe dovuto rappresentare una spinta per rilanciare tutto l’ambiente cestistico”. Dante auspica un’unità di intenti tra le società pavesi di pallacanestro: “Si devono mettere insieme le forze, non vanno disperse energie. Va coinvolta tutta la città anche attraverso Barbara Bandiera, la nostra storica presidente. Quando sono arrivato a Pavia, quasi 40 anni fa, ho trovato una città che viveva ogni giorno di basket e ‘adottava’ i suoi giocatori. Ricordo ancora con affetto gli inviti a cena a casa di grandi amici: Barilati, Balzi, Borella e altri ancora. Questo succede in luoghi come Pavia, così come a Bologna, non certamente in metropoli come Milano e Roma. E un valore aggiunto che può dare una spinta in più alla squadra. Ricordo ancora il palazzetto strapieno alle nostre partite. Una passione che si può ancora far accendere. Ma serve competenza ed esperienza, dentro e fuori dal campo”. Sono parole che testimoniano l’immutato amore di Anconetani per Pavia. Anche nel recente passato si era messo a disposizione per dare una mano, ma non si sono mai trovate le condizioni giuste per farlo rientrare. Peccato, perché per ripensare in grande oggi serve il contributo di chi ha una conoscenza approfondita del basket nazionale. In attesa di una chiamata da Pavia che non è ancora arrivata, Dante commenta con soddisfazione le belle novità arrivate per la Fortitudo Bologna (l’altro suo grande amore cestistico) con l’atteso cambio di proprietà: “In realtà la vera svolta era arrivata nel 2013, quando mi chiamarono per assumere la presidenza. In quel momento il popolo della Fortitudo era diviso tra due tifoserie, ognuna delle quali rivendicava la legittimità del proprio ruolo. Grazie al lavoro profuso in quegli anni, con il contributo decisivo di Marco Calamai, siamo riusciti a far ripartire una ‘sola’ Fortitudo. Poi sono anche stati bravi a salire in A1, sino all’ultima malagestione con la retrocessione in A2 e l’ultima annata negativa. Ora ci sono le premesse per ripartire. L’arrivo di Attilio Caja in panchina, che anch’io volevo come allenatore ai tempi della mia presidenza, è una garanzia. Ci siamo già sentiti diverse volte con lui: abbiamo lo stesso modo di vedere il basket. Con Attilio alla guida, la Fortitudo farà senz’altro bene”.