di Don Dario Crotti
(Cappellano del carcere di Pavia)
Che cosa rende generativa la nostra vita? Cosa le permette dopo momenti drammatici, segnati dal male di rigenerarsi? Da dove ricominciare per essere persone generative? Sono state domande di fondo che abbiamo attraversato in questa edizione del “Percorso giovani e carcere 2023”. Data la ricchezza dell’esperienza, pensiamo e crediamo che sia il caso di non “liquidare” questo percorso in un solo articolo, ma di condividerne con i protagonisti, con chi ci ha messo mani, testa e cuore, la ricchezza di quanto si è vissuto, in un cammino che in più riflessioni ci aiuti ad esprimerla nelle sue varie sfaccettature. Saranno pertanto giovani e detenuti ad arricchire le successive riflessioni, io mi limiterò ad uno sguardo complessivo. Una premessa mi sembra importante e dovuta: quest’anno abbiamo potuto vivere il nostro percorso in un carcere che sta vivendo un processo di rigenerazione, di risistemazione di luoghi, spazi perché possano essere abitati, vissuti per esperienze educative e di crescita a favore delle persone detenute e di chi con il proprio volontariato cerca di seminare esperienze di umanità al suo interno. Per questa opportunità vogliamo esprimere gratitudine e riconoscenza in particolare alla direttrice, Stefania Mussio, al comandante di reparto Angelo Napolitano, a tutti gli agenti di polizia penitenziaria che ci hanno accompagnato nell’esperienza e all’area Pedagogica sempre presente fin dalla fase di progettazione, in particolare con la Dott.ssa Bagnato. Il percorso quest’anno è iniziato al Collegio Santa Caterina: mercoledì 22 giugno la direttrice e il comandante, con la dott.ssa Bagnato, hanno voluto incontrare i giovani partecipanti, per trasmetterci la consapevolezza necessaria per quanto saremmo andati a vivere. E ’stato importante cominciare da qui, dal luogo in cui da diversi anni la rettrice Giovanna Torre e tante alunne si dedicano per animare laboratori in carcere e sensibilizzare il territorio. Anche la partecipazione di Luca Gregorelli, come referente della Pastorale Giovanile, ha espresso la dimensione diocesana di questo percorso; siamo molto grati a questi compagni di viaggio con cui davvero si cammina insieme.
L’incontro con le persone detenute
Il carcere si sa, senza troppi giri di parole è una istituzione, una condizione di vita complessa, spesso drammatica ma che direttamente riflette quello che succede nella nostra società, nelle nostre comunità. Eppure ancora una volta abbiamo potuto sperimentare che quando insieme si entra con umiltà, si incontrano le persone detenute, ci si lascia incontrare da loro, da chi vive il carcere con il proprio ruolo e la propria professionalità, lasciando fuori paure, pregiudizi e soprattutto tanti luoghi comuni e le conoscenze “per sentito dire”. In un mondo come il nostro così abitato da relazioni virtuali, mediate da schermi, filtri di ogni tipo, il carcere permette di incontrare la persona senza queste mediazioni, e senza la continua distrazione di guardare lo schermo del proprio I Phone, di rispondere a messaggi whatsapp o ad altri social che distolgono la dovuta attenzione. I volti, che riflettono Paesi di provenienza, età, culture, credi diversi, gli sguardi più disarmati di quanto si possa immaginare, con la profondità degli sguardi dei giovani che dedicano un pezzetto della loro estate per cominciare (in molti casi continuare) una relazione con la comunità del carcere, e attraverso il “fare” e il “pensare” insieme, danno vita ad un laboratorio unico nel suo genere. Abbiamo cominciato con il presentarci, pescando da un cestino un nome, che poi restava a chi l’aveva preso come persona da portare nella propria preghiera, o nei propri pensieri, sentendoci così corresponsabili gli uni degli altri. E poi a gruppetti di 8 il primo lavoro di gruppo: cosa vuol dire per te generatività? Che cosa rende la tua vita generativa? Cosa ne provoca stagnazione? Ne è emersa una ricchezza di parole, espressioni, competenze di cui ciascuno era portatore, portatrice, che ha permesso di iniziare a conoscersi, e a ritrovarsi nella comune umanità che ci unisce soprattutto attraverso come il sentire comune, sentire dentro le stesse cose. Come quando il cantautore milanese Jack Jaselli, ha cantato “Nonostante tutto”, canzone nata tra le mura del carcere femminile Giudecca, e che ci ha fatto sentire che anche qui nel carcere di Pavia: tra le sue mura c’è già una canzone che va “tirata fuori”. Nel laboratorio musicale del pomeriggio da lui animato, si è iniziato a scrivere e cantare qualche strofa, segno di … lavori in corso e soprattutto da continuare.
Un cammino ricco e fecondo
Insomma: tante buone premesse per un cammino ricco e fecondo, che passo a passo vi racconteremo dalle voci dei suoi protagonisti: giovani e adulti insieme per camminare verso la propria libertà. Primo frutto della prima giornata è stato questo: delle persone detenute non dobbiamo avere paura; come ha condiviso efficacemente Klodian giovane detenuto: “mi sono accorto che quando ero fuori non ero libero, ora in carcere mi sento più libero”. Ci servirà tempo per raccontarvi di quanto è emerso nel laboratorio di letture filosofiche, di pittura, di musica, di fumetto, e di creatività; e ancora di più nelle parole di Manlio Milani, familiare di vittima della strage in piazza della Loggia a Brescia, accompagnato dal pedagogista Ivo Lzzola. Servirà tempo a tutte e tutti noi per ricordare, riconoscere e assumere sempre più il carcere come comunità cristiana a cui tutta la Diocesi è chiamata a guardare, e la città che sempre più abbia a considerarlo come un suo quartiere da accompagnare con un senso di cittadinanza che possa sostenere cammini di promozione umana e responsabilizzazione. Con questi sentimenti e desideri, gli auguri di un ricco cammino estivo a tutte e tutti, anche da parte dei nostri fratelli detenuti di Torre del Gallo.