Attualità
La Sacra Scrittura di domenica 2 novembre
Di Don Michele Mosa
Immaginate la scena: Gesù finisce di parlare, si alza e c’è un silenzio pesante. Non applausi, non entusiasmo immediato. Silenzio. Perché quello che hanno appena sentito è troppo. Troppo strano, troppo radicale. C’è gente che si guarda attorno confusa. “Beati i poveri? Beati quelli che piangono? Ma questo è pazzo”. Altri scendono dalla collina delusi. Speravano in un leader forte, nella vittoria sui romani, in un riscatto nazionale. E invece si trovano davanti a uno che esalta i deboli e chiede di amare i nemici. Ma c’è chi rimane. Gente semplice: pescatori, contadini, donne, malati. Quelli che nella vita hanno già perso. Loro vedono qualcosa di diverso: speranza. Per la prima volta qualcuno dice loro che non sono scarti, che la loro sofferenza ha un senso, che c’è un posto per loro nel Regno di Dio. Una donna anziana piange in silenzio. Ha passato la vita a sentirsi dire che era povera perché Dio non la benediceva. E ora Gesù dice che proprio lei è beata? E gli apostoli? Sono terrorizzati. Pietro: “Amare i nemici? Porgere l’altra guancia? Maestro, vuoi che ci ammazzino?”. Pietro è pratico, risolve i problemi con le mani. Questo discorso gli sembra un suicidio. Giacomo e Giovanni si aspettavano gloria, potere. E invece Gesù parla di essere ultimi, di servire, di perdere la vita. “Ma a che serve seguirlo?”. Matteo ha lasciato tutto. E ora Gesù dice di rinunciare a tutto? “Credevo ci fosse un premio, un riconoscimento. E invece sembra che più dai, più devi dare”. Tommaso è sincero: “Io non ho capito niente. Noi lo seguiamo per diventare poveri, perseguitati e infelici?”. Però in un angolo c’è un ragazzo con gli occhi lucidi. Ha intuito qualcosa. Sente che quelle parole vengono dal cuore. Quella sera tutti scendono dalla collina in silenzio. Ognuno pensa: “Posso tornare indietro? Sono davvero disposto a perdere tutto? E se avesse ragione?”. La verità è che nessuno ha ancora capito fino in fondo. Ci vorranno anni, tradimenti. Ci vorrà Pentecoste. Bisogna vedere Gesù morire su una croce per capire che quelle Beatitudini non erano teoria. Erano la sua vita. E quando capiranno, quegli uomini confusi diventeranno testimoni che cambieranno il mondo. Non perché avevano capito tutto subito. Ma perché hanno avuto il coraggio di rimanere, anche senza capire. Anche noi siamo lì, quella sera sulla collina. Confusi, spaventati, tentati di andarcene. La domanda è: rimaniamo?