La Sacra Scrittura di domenica 24 novembre

Il commento di don Michele Mosa. “Allora Pilato gli disse: ‘Dunque tu sei re?’ “

 Di Don Michele Mosa

Domanda cruciale: tu entri nella sfera politica? Cioè, che interessi hai sulla città? Vuoi occupare la “stanza dei bottoni”?  Tu, Gesù nazareno, che interessi hai? Dicono che sei re, che sei mio avversario, che vuoi il mio posto… tu invece cosa dici? Dentro quelle domande non sembra esserci provocazione alcuna, sono piuttosto indice di ricerca, desiderio di capire: Pilato non è un sacerdote e nemmeno un fariseo, non vuole mettere Gesù alla prova, non vuole ingannarlo. Pilato vuole capire chi ha di fronte, perché glielo hanno consegnato. E Gesù sembra intuire tutto questo e gli risponde. Io sono re anche se “il mio regno non è di questo mondo”. Sostiamo un attimo su queste parole. A dire il vero poco tranquillizzanti. Parole che complicano più che chiudere la questione. Innanzitutto, sono re: e questo allarma Pilato: c’è qualcuno che si oppone a Roma. Il mio regno però non è di questo mondo: quindi? Non vuoi soffiare il posto all’imperatore ma sei re. E dov’è allora questo Regno? Questa è la vera questione, quella che ci riguarda. Come individui, come discepoli, come Chiesa. Cosa vuoi costruire? Qual è la tua prospettiva? Diciamolo subito e con chiarezza: quante volte abbiamo – e ancora ci proviamo – imposto leggi, dazi, valori culturali in nome di Dio? Quante volte abbiamo – e forse in parte ancora usiamo – la spada per annunciare il Vangelo? Tu sei re? Sì, lo sono. Ma dalla Croce. Se vuoi cantare “Christus vincit, Christus regnat, Christus imperat”, fallo solo dopo essere salito al Calvario. Dopo aver chiuso il sepolcro. Dopo aver sperimentato la fatica del Sabato. In altre parole – ed è sempre questo dialogo a rivelarcelo – fallo solo dopo aver sperimentato anche tu la Croce: per sentito dire non vale. Ecco perché Pilato chiede, interroga, va in crisi: perché le parole – accuse – dei sacerdoti del tempio non gli bastano: ora Gesù è davanti a lui. E non sembra davvero un re, come glielo avevano presentato. Anche noi dovremmo indossare i panni di Pilato e passare dal sentito dire, dallo studio, dalla tradizione all’incontro personale. Anche noi dovremmo andare in crisi: troppe certezze fanno male. Sostiamo in silenzio davanti al Crocifisso cantando con David Maria Turoldo:

“È noto all’universo/che tu sei la fonte del mio cantare:

la tua Assenza mi fa disperato/la Presenza mi incenerisce:

e se voglio raggiungerti, devo/liberarmi dalla volontà di cercarti: andare oltre la stessa mente,/solo lasciarmi pensare”.

Nel mondo, non del mondo. Perché il mio regno non è di questo mondo.