La Sacra Scrittura di domenica 23 giugno

Il commento di don Michele Mosa. “Perché avete paura? Non avete ancora fede?”

Di don Michele Mosa

 

Del vento, delle onde, del mare in tempesta.

Del buio.

Della strega e dell’uomo nero.

Di perdere un amico. Di smarrire la strada.

Paure di bambino.

Paure di adulto.

Paura di morire. Ma soprattutto paura di vivere.

È calata la sera, tramontato il sole: perché intraprendere una traversata?  Non è meglio cercare un alloggio e un rifugio per la notte?

Già ma il Figlio dell’uomo non ha dove rifugiarsi, quindi partiamo. Attraversiamo il lago e andiamo sull’altra riva.

Paura. La paura più ancestrale: il dio delle forze naturali che provoca la tempesta. O il dio che non osserva lo shabbat e guarisce. O il dio che si fa uomo e cede la sua onnipotenza per un bacio.

Chissà perché abbiamo sempre paura di dio. Chissà perché trasmettiamo questa paura (salvo poi lamentarci se più nessuno crede, si fida e si affida a questo dio).

Del resto, quanti ricatti abitano la nostra pastorale: se non vieni, se non partecipi, se non frequenti…

Mi fa pensare che nella Scrittura l’espressione “non temere” ricorre 366 volte: ogni giorno dio ci ricorda che la paura è una catena mortale: impedisce le relazioni, imprigiona i sentimenti. “Non temere”: dio e l’altro. Non alzare muri. Non giocare sempre in difesa. Non attaccare per principio.

La sera poi mi fa pensare alla morte, a quel fine vita di cui tanto discutiamo ma che cerchiamo continuamente di allontanare da noi e di esorcizzare. La morte non ha casa tra noi: per lei abbiamo costruito – come un tempo le necropoli oltre le mura della città – le case funerarie.

Lasciatemi chiudere con le parole di Alda Merini:

“Amare è rischiare di essere rifiutati.

Vivere è rischiare di morire.

Sperare è rischiare di essere delusi.

Provare è rischiare di fallire.

Rischiare è una necessità.

Solo chi osa rischiare è veramente libero”.