La Sacra Scrittura di domenica 2 giugno

Il commento di don Michele Mosa. “Il verbo dell’Eucaristia, o se preferite della Messa, è mangiare”

 Di Don Michele Mosa

 

Mangiare.

Il verbo dell’Eucaristia, o se preferite della Messa, è mangiare.

Più che celebrare.

Prima e certamente più che adorare, viene il mangiare.

Tutto è in funzione di questa quotidiana, semplice e indispensabile azione: si prenota la stanza e la si prepara.

Tutto avviene durante la cena, cioè mentre si mangia: il pane diventa carne, il vino sangue.

E il futuro, quello che noi chiamiamo Regno di Dio?

Sarà un grande banchetto, berremo il vino nuovo.

Cena significa festa, allegria, gioia.

Noi invece ne avevamo fato una cosa: da adorare. Da ricevere.

Da festa insieme era (è) diventata una cerimonia.

Gesù invece – e non facciamo finta di niente – ci ha consegnato una cena. Fate questo in memoria di me: cioè mangiate. In allegria. Insieme. Cementate con la forza del cibo che io vi dò, anzi che sono io, la vostra fraternità.

Sparita la cena, ognuno prende il suo pezzo di pane e lo mangia da solo, quasi in segreto.

Più sei devoto, più sei da solo.

Che strana cena: gli altri disturbano.

Rubo le parole don Angelo Casati: «Dico “strana cena”, perché ve la immaginate una cena, vi immaginate un pranzo, dove nessuno alza gli occhi sugli altri? Immaginate che festa!».

Forse è per questo che le nostre Messe sembrano sempre un funerale, che parteciparvi è una noia e rende tutti tristi: è una cerimonia cui devi partecipare per formalità e secondo un rito non una cena con amici in allegria.

Infatti a ben pensarci: Gesù ci chiama amici, noi invece lo vediamo come Giudice.

Dopo questa cena si affronta il Getsemani e la Croce ma, altro paradosso, il paradosso cristiano però, lo si fa cantando.

Perché chi mangia di me, vivrà per me. Vivrà con la mia forza. Vivrà donando la vita.

Allora permettetemi di dirvi: buon appetito.

E quando andate a Messa, ricordate che è una cena allegra fra amici. E a cena si mangia, non si piange.