La Sacra Scrittura di domenica 19 maggio

Il commento di don Michele Mosa. “Lo Spirito della verità che procede dal Padre"

Di Don Michele Mosa

 

Pentecoste: cinquanta giorni dopo Pasqua.

Pentecoste: discesa dello Spirito Santo.

Tenere insieme le due cose sembra facile: se ben ci penso però la cronologia dei cinquanta giorni è perlomeno parziale.

Lo Spirito infatti è il primo dono del Cristo risorto. Anzi è il dono del Cristo crocifisso.

Lo Spirito non è prigioniero dell’orologio: viene ad ogni ora. Nella gioia e nella tristezza.

Viene facendo miracoli – Pentecoste – e viene nella semplicità di un abbraccio e nella quotidianità di un saluto. Viene nei momenti più dolorosi e complicati dell’esistenza umana.

Lo Spirito è respiro. È battito. È vita.

Dona la vita.

Sfonda barriere. Supera ostacoli. Ma lo fa con la delicatezza dell’accoglienza e con la tenerezza della vicinanza: tutti si sentono accolti, tutti comprendono nella loro lingua: si sentono cioè a casa.

Lo Spirito riporta ognuno di noi alla bellezza, ci fa superare la fatica dell’etica e ci apre la strada dell’estetica. Scrive il Card. Tolentino: “la vita non comincia con l’etica, ma con l’estetica. Procede non per obbligo, ma grazia alla forza dell’attrazione. Nella vita non si va avanti per decreti (cosa aggiungo io che non abbiamo ancora capito: motu proprio papale, decreto episcopale, avviso del parroco…)”.

Lo Spirito infine fa comunità. Fa unità senza cancellare le differenze.

Costruisce ponti e apre strade di dialogo.

Lo Spirito – lo dimentichiamo troppo spesso – abita nel cuore di ogni donna e ogni uomo, non è dono riservato a pochi eletti: chi ha lo Spirito abita le piazze non si chiude in sacristia.

Ecco potrei finire così: Pentecoste va celebrata in piazza. Restare in chiesa denuncia una malattia. Mortale.