E noi a leggere il Vangelo come un racconto, un racconto lontano nel tempo, ma figlio della nostra stessa logica narrativa: dalla prima all’ultima pagina (alla faccia degli studi biblici!). Noi che continuiamo a parlare di Dio – molto più facile che parla CON Dio – riprendendo il filo di una filosofia, di una teodicea che al centro mette l’uomo: cioè il soggetto sono IO, il protagonista sono sempre IO. Ecco come affrontiamo Dio: come oggetto. Dio è una “cosa”. E lo sperimentiamo proprio nel giorno della Pentecoste: chi sa – senza fare giri di parole o giochini teologici vari – raccontare lo Spirito Santo? Colomba, lingue di fuoco, vento, respiro…Belle parole, commoventi ma nella mia, nella tua vita cosa c’entra? Come c’entra? Ho l’impressione che lo Spirito svolga la funzione della batteria o della benzina: fa muovere la macchina ma sono io che decido la meta, scelgo la strada e reggo il volante. Sono sempre IO. Il vangelo invece mi sembra cambi prospettiva: non c’è missione senza Spirito perché la missione è lo Spirito all’opera. Noi, io meglio, penso sempre al contrario che, avendo ricevuto un mandato, sono diventato missionario e quindi ho il “potere”, la “patente” per guidare la barca: lo Spirito è il vento che soffia nelle vele. Tutto in realtà inizia con il dono dello Spirito, anche se prima viene la missione. Penso al battesimo di Gesù: esce da casa, è consapevole che ora è giunto il suo momento ma è lo Spirito che guida: Gesù è uno “strumento”, per così dire… il deserto è un regalo dello Spirito non una scelta di Gesù, ad esempio. Viene poi la morte in croce: affidarsi al Padre è donare lo Spirito su chi non ti ha abbandonato: e-misit (S)spiritum, mandò fuori lo Spirito. Oggi, giorno di Pentecoste, ripensiamo al nostro essere cristiani nella luce, troppo fioca e debole, dello Spirito: siamo al volante ma siamo sicuri di conoscere la meta, la strada, i compagni di viaggio? Siamo sicuri che sia lo Spirito al nostro servizio come il gestore di una pompa di benzina? Missionari per mandato e per vocazione, missionari che sanno di essere ambasciatori di una Parola che lo Spirito ri-corda, cioè pone nel cuore – mio e tuo –, non di una lezione imparata a memoria a catechismo o in un’aula di seminario o di una facoltà teologica. Più Spirito è più dialogo, più Spirito è perdono, più Spirito è comunione. Sinodo è Spirito in atto non documenti e questionari. Più Spirito è capacità di confronto senza (pre)giudizio e inutili e futili scuse o fughe. Lo dico a me per primo: la tua patente sta per scadere. È forse il caso di affidare anche la guida dell’auto allo Spirito?
Don Michele Mosa