Attention please! Achtung! Pericolo! Chi tocca muore. E non si scherza: qui si muore davvero. Provare per credere. E noi proviamo, visto che siamo gemelli di Tommaso e non fratelli di Giovanni. Noi – parlo al plurale ma penso innanzitutto a me – anche quando vediamo restiamo scettici, siamo figli del dubbio (vedi alla voce Cartesio) più che della fede (vedi alla voce Paolo di Tarso). Partiamo dunque. Il nostro primo compagno di viaggio – maestro mi sembra troppo – è tale Friedrich Nietzsche che nell’aforisma 125 (L’uomo folle) de La Gaia Scienza scrive: «Dov’è andato Dio? […] ve lo voglio dire! Noi lo abbiamo ucciso, – voi e io! Noi tutti siamo i suoi assassini! […] dell’odore della putrefazione non sentiamo ancora nulla? – anche gli dèi imputridiscono! Dio è morto! Dio resta morto! E noi lo abbiamo ucciso». Si era avvicinato troppo, anzi si era fatto uomo come noi, era uno di noi quando camminava per strada, quando sedeva a tavola, quando cercava amicizia e affetto: troppo umano per essere Dio. Ed è morto. Anzi gli uomini l’hanno ucciso: tu non sei Dio. Non ci piace un dio così umano. Abbiamo già gli dèi, cosa vuoi tu? E l’hanno crocifisso. E la morte di Dio partorisce, ovviamente, l’ateismo. Ce lo ricorda il nostro secondo compagno di viaggio, Fëdor Dostoevskij ne L’idiota: «come suo fratello, l’ateismo, è sorto dalla disperazione, come reazione morale contro il cattolicesimo, per sostituirsi al perduto potere morale della religione, per spegnere la sete spirituale dell’umanità assetata e salvarla non col Cristo, ma con la violenza!». Ma, strabiliante sorprendente scoperta – a lungo rifiutata e osteggiata dall’opinione pubblica religiosa, di quell’Italia cattolica che molti rimpiangono (la RAI ne è simbolo e avanguardia) – è che Dio muore restando prigioniero del sepolcro solo tre giorni. Poi risorge. E qui prende la parola il nostro terzo compagno di viaggio, Francesco Guccini, che ci dice dove Dio è morto: «i campi di sterminio, i miti della razza, gli odi di partito», chi l’ha ucciso: «le fedi fatte di abitudine e paura / una politica che è solo far carriera / il perbenismo interessato la dignità fatta di vuoto / l’ipocrisia di chi sta sempre con la ragione e mai col torto» per giungere a ricordarci che «Che se dio muore è per tre giorni e poi risorge». Usare con cura dunque. La Settimana Santa è “pericolosa”. Dio muore, muore d’amore. Dio risorge. Risorge per amore. Lasciando ancora – e non potrebbe essere altrimenti – molte domande. Perché – è ancora Guccini a ricordarcelo – «In ciò che noi crediamo, dio è risorto/ In ciò che noi vogliamo, dio è risorto/ Nel mondo che faremo, dio è risorto». Fare Pasqua non è tradizione, è fede. Vexata quaestio: tu credi? Sì, credo che tu sei il Messia – rispondono le sorelle di Betania. Il Maestro però aggiunge: «Io Sono la Risurrezione». Non solo il Risorto, sono lo Spirito che dà vita. Credi tu questo?
Don Michele Mosa