La chiamano gratitudine.Ti fai in quattro, rischi in prima persona e in cambio neppure un grazie. E pensare che fino a ieri nessuno mi rivolgeva la parola: ero la pecora nera della famiglia, la rovina famiglie mangia uomini. Al pozzo andavo a mezzogiorno, quando ero sicura di non incontrare anima viva, nemmeno gatti e lucertole. Neanche avessi la lebbra. Ieri invece accadde il miracolo: uno straniero si è seduto accanto al pozzo e mi ha parlato. All’inizio sembrava un interrogatorio di polizia poi… meraviglia: era un profeta. Sapeva cose di me che neanche alla mia migliore amica aveva confidato. Sapeva e non giudicava, anzi più parlava più mi sentivo a mio agio: trasmetteva calore, affetto, comprensione. Gli ho dato un po’ d’acqua, mi ha dato la gioia di vivere. Per la prima volta dopo anni sono andata in piazza e ho sfidato tutto e tutti: venite con me e vi farò conoscere un uomo eccezionale. Ancora oggi mi domando come ho fatto e cosa ho detto: i primi a seguirmi sono stati i farisei e i sacerdoti, quelli che non perdevano l’occasione per giudicarmi e puntare il dito contro di me. Quell’uomo ha cambiato la mia vita e quella del villaggio: ci ha ridato la voglia di incontrarci, ci ha fatto quasi rinascere. Il pozzo di Giacobbe è tornato il centro del villaggio: anche stamattina eravamo tutte lì, pur sapendo che lui se ne era andato. Eravamo lì come sorelle. Come amiche che parlano, scherzano. Che condividono le fatiche quotidiane. Noi donne…Gli uomini? Loro avevano fatto in modo di farmi sapere che io ero sempre la peccatrice e che avevano creduto al profeta perché erano veri credenti, figli di Abramo e non per le mie farneticanti parole. Gratitudine: mi sa che è un dono che Dio ha fatto solo alle donne. Gli uomini? Loro sono troppo intelligenti!
Don Michele Mosa