La barca era lì, ormeggiata allo scoglio. Ma loro, Simone e Andrea, non c’erano. Se ne erano andati. Davvero. Gesù, il profeta, li aveva convinti e loro l’avevano seguito. Pensavamo fosse una questione di ore, o tutt’al più di qualche giorno. Invece era passato un mese e di loro non c’era traccia: a casa non sapevano nulla. E noi eravamo rimasti senza lavoro. Fantastico. E pensare che quella giornata passerà alla storia come l’inizio di una nuova opportunità per l’umanità: Andrea e Simone, che diventerà Pietro, saranno i primi discepoli di una nuova “religione”, anzi della “religione” che cambierà l’Impero Romano e la storia dell’Occidente. Ma a noi, pescatori di Galilea, qualcuno ci ha pensato? E alle nostre famiglie? Ai nostri figli? Da un giorno all’altro siamo rimasti senza lavoro – e non esistevano neppure i sindacati. Tu che leggi hai mai pensato che il Vangelo ha cambiato anche la nostra vita? Anche la mia che quel Gesù l’ho visto solo quel giorno? Forse – e lo dico sottovoce, ma lo dico con convinzione – non è che Gesù di Nazareth è davvero lo spartiacque della storia? O con me o contro di me – dirà, e tu, che nemmeno sapevi il suo nome, ti trovi coinvolto nel disegno di Dio. Solo sul molo, a sera, a volte ripenso a Simone, ora Pietro, e ad Andrea, suo fratello: chissà dove saranno ora? Chissà se si ricorderanno ancora di me. Io non li ho dimenticati. Li ho anche perdonati per averci lasciati lì, sulla riva, senza lavoro: in fondo, mi hanno fatto trovare il coraggio – quel coraggio che hanno avuto loro nel seguire il Maestro – e sono diventato imprenditore di me stesso: la barca, la loro barca, adesso è la mia. A dirla tutta: anch’io sono diventato pescatore di uomini. Ho pescato me stesso.
Don Michele Mosa