Annuncia. La missione della Chiesa. Perché – lo sappiamo bene tutti – se non annuncia il Vangelo, la Chiesa non ha motivo di essere. Tutto nella Chiesa è in vista dell’annuncio e della missione: dalla liturgia alla preghiera personale, dalla catechesi ai sacramenti. L’oratorio e la Caritas. Tutto è in vista dell’annuncio. Perché – ricordava Papa Francesco nel messaggio per la giornata missionaria 2017 – «la Chiesa è missionaria per natura, se non lo fosse, non sarebbe più la Chiesa di Cristo, ma un’associazione tra molte altre, che ben presto finirebbe con l’esaurire il proprio scopo e scomparire». Annuncia. È la ragion d’essere dell’apostolo. Ai Corinzi Paolo scriveva: «Cristo infatti non mi ha mandato a battezzare, ma a predicare il Vangelo» (1Cor 1,17). Annuncia. Perché «come potranno credere, senza averne sentito parlare? E come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi?» (Rom 10, 14). Annuncia. Il filo rosso che lega le generazioni fra loro, da cui nasce la fede: l’annuncio. Il Kerigma, come scrive Paolo ai Corinzi: «vi ho trasmesso anzitutto quello che anch’io ho ricevuto» (1 Cor, 1, 3). Siamo davvero convinti di questo, da viverlo nella quotidianità della nostra pastorale? Le nostre strutture, ad esempio, sono PER l’annuncio o non piuttosto rischiano di essere un impedimento alla “leggerezza” della missione? Siamo missionari e apostoli dal passo veloce e leggero? Siamo disposti a non cercare alibi alla nostra poca disponibilità missionaria? Quanto tempo della nostra giornata vola via in progetto di conservazione (non solo dei beni artistici)? Quanto giochiamo in difesa per paura di scoprirci se spostiamo il baricentro della squadra in attacco? E se abolissimo le campane? Cioè se invece di chiamare e preoccuparci di portare la gente in chiesa pensassimo a portare il Vangelo fuori dalla chiesa? Se la strada tornasse il luogo abituale degli incontri? Vale anche per noi quanto scriveva Bruno Forte alla sua Diocesi nel 2014: «l’attività pastorale della Parrocchia, della Diocesi e delle diverse Aggregazioni ecclesiali dovrà formare i credenti alla continua “uscita” missionaria verso le varie forme di periferie esistenziali, scuotendo le coscienze impigrite o addormentate, risvegliando e nutrendo la passione per la causa del Vangelo in tutti i cuori, stimolando i credenti all’impegno di annunciare la buona novella a tempo opportuno e inopportuno, senza sosta o alibi rinunciatari».
Don Michele Mosa