Questione di catene. Cioè questione di libertà. Di spazi chiusi e orizzonti senza contorni. Puoi rallentare, circoscrivere, arrestare l’apostolo, l’annunciatore, il missionario ma non l’annuncio. Le catene trattengono l’uomo non l’amore del Padre. Paolo lo sapeva bene: prima di sperimentarlo personalmente lo aveva visto compiersi su quei discepoli di Cristo che lui stesso aveva arrestato. (Per non dire ucciso come Stefano, il diacono dal volto luminoso e dall’aspetto di bambino innocente). Le catene. Quelle che avevano segnato i polsi e le caviglie delle ultime ore del Maestro, di quel Cristo per il quale lui, ora, era prigioniero, in catene appunto. Ma la Parola di Dio… chi può fermarla? Già lo sapeva Isaia il profeta: «Come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme a chi semina e il pane a chi mangia, così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata» (55, 10-11). Lo sapeva soprattutto lui: la sua casa prigione era in realtà il miglior pulpito che avesse calcato. Basterebbe rileggere la Lettera a Filemone o quella agli Efesini dove addirittura definisce le catene le migliori credenziali della sua missione apostolica. Un azzardo. Se angelo significa colui che porta l’annuncio e l’annuncio per eccellenza, “il lieto annuncio” è il Vangelo allora l’apostolo, il missionario è un angelo speciale, un arcangelo. Un arcangelo che, a differenza di Michele, Gabriele e Raffaele, al posto delle ali ha le catene. Più gli limiti la libertà di movimento, più il suo annuncio vola lontano. Le catene sono le ali del battezzato. Se ti vergogni del Vangelo, se ti nascondi per paura, se la tua vita è più preziosa della tua missione sei un angelo senza ali, un angelo di cartapesta che a mala pena trova posto nel presepe di una chiesa: fosse anche San Pietro sei muto. Una bella statuina e nulla più. Il sangue dei martiri genera nuovi cristiani. Ma dalle nostre parti di martiri non si vede neppure l’ombra. Figuriamoci sentire il rumore delle catene.
Don Michele Mosa