Dopo due anni nei quali, a causa delle restrizioni legate all’epidemia del Covid, non si è potuta svolgere la processione nel centro della città di Pavia, con le venerate reliquie delle Sante Spine, quest’anno riprendiamo a vivere questo gesto antico di espressione pubblica della fede e di affidamento a Cristo Signore della comunità ecclesiale e civile. Le Sante Spine sono memoria viva del dolore patito da Gesù, ingiustamente condannato, umiliato e deriso, un dolore intriso d’amore, e racchiudono un messaggio che parla a tutti, credenti e non credenti, un appello a farsi solidali con l’uomo che soffre, con chi è perseguitato ingiustamente, con chi è vittima della violenza e della prepotenza del più forte, con chi rischia d’essere scartato dalla logica dell’efficienza e della prestazione. Accanto a esperienze e a gesti di bene e di condivisione, si manifestano segni di un egoismo incapace di accogliere e di amare la vita soprattutto nella sua fragilità inerme: nel bambino non nato e rifiutato, nell’anziano messo da parte, nel povero senza voce e senza volto, nel profugo e nel migrante guardato con sospetto o respinto, nel piccolo sfruttato e abusato, nella donna umiliata e fatta oggetto di violenza, nel lavoratore sotto pagato o sempre incerto del suo futuro. Come Vescovo dell’amata Chiesa e città di Pavia, sento il bisogno di portare a Cristo, venerando le Sante Spine, le fatiche di questo tempo, segnato almeno da tre grandi urgenze.
L’urgenza della pace
Innanzitutto c’è l’urgenza della pace, ferita dal conflitto in Ucraina, nel cuore dell’Europa, una guerra d’aggressione contro una nazione libera, con autentici crimini contro civili inermi e con la distruzione di città, scuole, ospedali. Ma non c’è solo l’Ucraina: sono tante e spesso ignorate dai più le guerre che devastano il mondo e generano sofferenze, fame, malattie, spegnendo ogni prospettiva di futuro. Ci stringiamo intorno alle Sante Spine per imparare da Cristo a essere operatori di pace, per promuovere e per invocare una pace vera e autentica, fondata sulla giustizia e sul rispetto dei diritti delle persone e dei popoli, sulla verità che rifiuta il ricorso alla menzogna, sulla libertà come bene da custodire, sull’amore che respinge la logica della vendetta e sa curare le ferite e aprire vie di riconciliazione.
L’urgenza della fraternità
C’è, poi, l’urgenza della fraternità, del riconoscimento che siamo realmente “fratelli tutti” (Papa Francesco), fratelli e sorelle perché uomini e donne che hanno un’uguale dignità di persone, figli e figlie dello stesso Padre. Guardiamo alle Sante Spine, onoriamo il mistero di Gesù sofferente e “scartato” per chiedere e assumere uno stile nuovo nelle relazioni a ogni livello, in ogni ambito sociale. Per la nostra città, un banco di prova di questa cultura dell’accoglienza e dell’amicizia sociale è la capacità d’integrare gruppi e soggetti che rischiano di restare ai margini: in questa prospettiva, occorre rivedere il progetto di una nuova collocazione del campo dei sinti e dei rom che da decenni vivono in piazzale Europa. Non si possono spostare persone e famiglie come se fossero numeri, occorre sentire e coinvolgere innanzitutto loro, cercando di superare una logica che porta a a isolarsi o a essere isolati. Anche le fragilità emerse in questi anni di pandemia, nel mondo degli anziani, delle famiglie, degli adolescenti e dei giovani, chiedono un impegno concorde tra le realtà istituzionali e tutto ciò che nasce dalla vita delle comunità e delle persone, in ambito sociale, educativo, culturale, ecclesiale: occorre sentirci parte di un’unica famiglia e di una comune storia, segnata dalla ricchezza dell’umanesimo cristiano, anima profonda del vissuto del nostro popolo.
L’urgenza di ritrovare il gusto della fede cristiana
Infine, c’è un’ultima urgenza che avverto come pastore di questa Chiesa: un insieme di cause e di fenomeni degli anni recenti, compresa la lunga pandemia, ha indebolito il tessuto delle nostre comunità. È urgente ritrovare il gusto della fede cristiana, come esperienza condivisa nella concretezza di una comunità, nelle parrocchie e negli oratori, nelle varie forme di vita ecclesiale. Ci raccogliamo intorno alle Sante Spine per riconoscerci popolo in cammino nella storia e per chiedere allo Spirito di ridestare nei cristiani di Pavia la gioia di essere Chiesa, l’impeto della testimonianza in ogni situazione di vita, la passione di generare alla fede i piccoli, i ragazzi, i giovani, perché oggi e domani non manchino uomini e donne che vivono della speranza del Vangelo.
Mons. Corrado Sanguineti (Vescovo di Pavia)