Un po’ per curiosità, un po’ per questioni professionali – se così si può dire – sono andato a far visita a un gruppo di nostri concittadini buddisti e ho condiviso con loro un momento di meditazione e di preghiera: si fluttuava fra la rabbia che coviamo nel cuore e la capacità di generare gioia, felicità che tutti noi abbiamo. Mi ha fatto riflettere. Non che non sapessi queste cose – le ho studiate e a lungo – ma il vederle al centro di un “momento di meditazione” mi ha fatto nascere molte domande. Le condivido come sono capace: Gesù si è arrabbiato, qual è il motivo del suo comportamento? Il Vangelo è non solo “bella notizia” (quanta paura abbiamo ancora della bellezza…) ma anche e soprattutto notizia che riempie di gioia. Perché sulle nostre labbra, nelle nostre chiese è invece fonte di divieti, chiusure, rimproveri… perché non sappiamo generare gioia? E poi c’è Paolo: l’apostolo che lotta con il suo carattere intransigente, esigente e impulsivo eppure il suo distintivo di apostolo è: portare gioia. Aprire i cuori alla speranza. Offrire la Parola della vita. Perfino la sua preghiera ha la gioia come sottofondo. Il pensare alle “sue” comunità non è solo motivo di preoccupazione e ansia; è gioia intima, profonda. Che traspare dalle sue parole e dai suoi scritti. Avvento allora diventa tempo di attesa. Di un’attesa che non mette ansia ma invita a fare preparativi. A preparare una festa. Ci servono le luci, i colori. Ci servono l’albero e il presepe. Ci servono i regali. Ci serve soprattutto e fondamentalmente il ritrovare relazioni di famiglia. Di amicizia. Ci serve il clima di festa. Di gioia. Di allegria. Ci serve riscoprire il Vangelo. Avvento sia allora tempo di Vangelo. Sarà anticipo di gioia.
Don Michele Mosa