“Ognuno sta solo sul cuore della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera”.
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera”.
Salvatore Quasimodo
La nozione di tempo è davvero ardua, da quando il sommo Einstein se ne occupò, per legarla indissolubilmente a quella di spazio, aprendo praterie alla fisica astronomica ed alla logica matematica. Tuttavia non è questa la declinazione che intendo dare allo scritto che segue, anche perché, temo, mi farebbe perdere qualche lettore. Dunque, scriverò del tempo come si parla ordinariamente, nell’accezione e nel senso comune.
“Dum loquimur fugerit invida aetas: carpe diem, quam minimum credula postero”. Parole forti quelle di Orazio, che intendono fra le righe che la vita intorno a noi scorre velocissima e poi ci pianta in asso proprio nel momento in cui iniziamo a vivere. In effetti la verità sottesa nello scorrere del tempo è che la sua figura tirannica si scontra col vizio dello spreco, il quale – per certi versi – rappresenta il leitmotiv di molte esistenze.
Nello scorrere della vita si pone dinnanzi ad ognuno di noi una meravigliosa molteplicità di opportunità che bisogna saper cogliere, onde evitare le fatiche inutili, le continue distrazioni legate ai divertimenti, la pigrizia, l’indolenza; d’altro canto, però, non si deve nemmeno cadere nell’errore opposto, ossia l’ambizione sfrenata oppure l’agire con l’unica finalità di avere l’approvazione dei terzi. Tutti questi sono vizi, non debbono offuscare il corretto giudizio che contraddistingue l’uomo razionale, capace di vivere con equilibrio e saggezza.
L’uomo, inoltre, ha il bisogno del tempo per coltivare una ricerca introspettiva, sicché possa rifuggire da qualsiasi stereotipo che non gli appartiene e, anzi, lo fa tendere ad un’omologazione che sopprime la straordinaria differenziazione che intercorre fra tutti gli individui. Grazie a questa ricerca gnoseologica del proprio animo, l’individuo comprende appieno la grandezza del valore della condivisione, che può estrinsecarsi finanche nel mettere in comune i propri valori e, in definitiva, nell’aiutare i propri simili.
Purtroppo, spesso accade che il valore della condivisione viene dimenticato dall’uomo, in quanto si trova in uno stato solitario che lo conduce verso una dimensione di indifferenza nei confronti della comunità. Da qui incomincia ad accumulare ricchezze, a tessere trame, a vivere nella paura, ad adulare o vivere una vita non propria.
Allora qual è il senso della vita?
La risposta non è certo semplice, ma un buon inizio sarebbe la riaffermazione di due valori fondamentali: la condivisione senza aspettarsi una controprestazione in cambio e, riprendendo Orazio, la capacità di saper cogliere l’attimo, più in generale la pregevole qualità di essere felici per le opportunità che si avverano nel quotidiano.
Forse dovremmo pentirci di avere vissuto come se dovessimo vivere in eterno, programmando ciò che si dovrà fare, senza accorgersi delle meraviglie che presenta l’oggi. Spesso questo comportamento conduce l’individuo a comportarsi come un ingrato. Parafrasando Cartesio, l’ingratitudine è l’insieme di egoismo, orgoglio e stupidità; in un certo senso è uno dei peggiori mali che affligge l’uomo nel corso della propria esistenza.
In definitiva, a mio avviso, l’uomo deve riuscire a far propri due principi fondamentali: il primo è il “carpe diem”; il secondo – da un certo punto di vista ancor più importante – è la comprensione della potenzialità dell’aiutare il prossimo in maniera disinteressata, poiché la gioia non si ha nel contraccambio immediato del terzo, ma nella sua capacità di riconoscere quanto si è condiviso. Quest’ultimo concetto ha un valore di particolare pregio, in quanto alla fine tutto ritorna. Parrà una tautologia, ma le persone che ricevono un aiuto o un conforto restituiranno quanto si è donato, proprio quando se ne ha maggiore necessità.
Egli ha avuto una vita lunga, con molto tempo a disposizione. “Sì, ma lo ha sprecato” rispose Seneca. E ancor egli rispose a chi commentava la morte di un giovane e il poco tempo avuto per dimostrare i suoi talenti “No – osservò il filosofo – la vita è stata breve, non il tempo a disposizione per mostrare i suoi talenti, che, infatti mostrò”.
“Dum loquimur fugerit invida aetas: carpe diem, quam minimum credula postero”. Parole forti quelle di Orazio, che intendono fra le righe che la vita intorno a noi scorre velocissima e poi ci pianta in asso proprio nel momento in cui iniziamo a vivere. In effetti la verità sottesa nello scorrere del tempo è che la sua figura tirannica si scontra col vizio dello spreco, il quale – per certi versi – rappresenta il leitmotiv di molte esistenze.
Nello scorrere della vita si pone dinnanzi ad ognuno di noi una meravigliosa molteplicità di opportunità che bisogna saper cogliere, onde evitare le fatiche inutili, le continue distrazioni legate ai divertimenti, la pigrizia, l’indolenza; d’altro canto, però, non si deve nemmeno cadere nell’errore opposto, ossia l’ambizione sfrenata oppure l’agire con l’unica finalità di avere l’approvazione dei terzi. Tutti questi sono vizi, non debbono offuscare il corretto giudizio che contraddistingue l’uomo razionale, capace di vivere con equilibrio e saggezza.
L’uomo, inoltre, ha il bisogno del tempo per coltivare una ricerca introspettiva, sicché possa rifuggire da qualsiasi stereotipo che non gli appartiene e, anzi, lo fa tendere ad un’omologazione che sopprime la straordinaria differenziazione che intercorre fra tutti gli individui. Grazie a questa ricerca gnoseologica del proprio animo, l’individuo comprende appieno la grandezza del valore della condivisione, che può estrinsecarsi finanche nel mettere in comune i propri valori e, in definitiva, nell’aiutare i propri simili.
Purtroppo, spesso accade che il valore della condivisione viene dimenticato dall’uomo, in quanto si trova in uno stato solitario che lo conduce verso una dimensione di indifferenza nei confronti della comunità. Da qui incomincia ad accumulare ricchezze, a tessere trame, a vivere nella paura, ad adulare o vivere una vita non propria.
Allora qual è il senso della vita?
La risposta non è certo semplice, ma un buon inizio sarebbe la riaffermazione di due valori fondamentali: la condivisione senza aspettarsi una controprestazione in cambio e, riprendendo Orazio, la capacità di saper cogliere l’attimo, più in generale la pregevole qualità di essere felici per le opportunità che si avverano nel quotidiano.
Forse dovremmo pentirci di avere vissuto come se dovessimo vivere in eterno, programmando ciò che si dovrà fare, senza accorgersi delle meraviglie che presenta l’oggi. Spesso questo comportamento conduce l’individuo a comportarsi come un ingrato. Parafrasando Cartesio, l’ingratitudine è l’insieme di egoismo, orgoglio e stupidità; in un certo senso è uno dei peggiori mali che affligge l’uomo nel corso della propria esistenza.
In definitiva, a mio avviso, l’uomo deve riuscire a far propri due principi fondamentali: il primo è il “carpe diem”; il secondo – da un certo punto di vista ancor più importante – è la comprensione della potenzialità dell’aiutare il prossimo in maniera disinteressata, poiché la gioia non si ha nel contraccambio immediato del terzo, ma nella sua capacità di riconoscere quanto si è condiviso. Quest’ultimo concetto ha un valore di particolare pregio, in quanto alla fine tutto ritorna. Parrà una tautologia, ma le persone che ricevono un aiuto o un conforto restituiranno quanto si è donato, proprio quando se ne ha maggiore necessità.
Egli ha avuto una vita lunga, con molto tempo a disposizione. “Sì, ma lo ha sprecato” rispose Seneca. E ancor egli rispose a chi commentava la morte di un giovane e il poco tempo avuto per dimostrare i suoi talenti “No – osservò il filosofo – la vita è stata breve, non il tempo a disposizione per mostrare i suoi talenti, che, infatti mostrò”.
Dott. Gustavo Cioppa, Magistrato, già Procuratore Capo della Repubblica di Pavia e Sottosegretario alla Presidenza di Regione Lombardia