Sarà anche un’immagine dal forte spessore teologico – immagine che più volte Paolo usa: farsi povero, abbassarsi, svuotarsi – ma a me viene in mente l’attuale situazione “economica” del mondo: l’1%, i ricchi, possiede il 47% della ricchezza. E Gabriela Bucher, direttore esecutivo Oxfam International, ha spiegato che «Il mezzo trilione di dollari che i dieci uomini più ricchi del mondo hanno guadagnato l’ultimo anno potrebbe essere usato per avere un vaccino per tutti nel mondo o addirittura impedire a tutti di finire in povertà durante il tempo della pandemia.
Quindi, il livello della differenza è abissale». Ed è niente rispetto all’abisso che, parafrasando la celebre pagina di Luca, si frappone fra noi uomini e Dio. L’infinito e il limite. Il dono e l’economia. La gratuità e l’interesse. In due sole parole: Dio e uomo. O forse dovrei dire: l’uomo e il Dio che l’uomo pensa. Perché il Vangelo e i suoi discepoli raccontano di un Dio che non ama la grandezza, il potere, gli onori. Un Dio che si fa piccolo e povero perché ama condividere non chiudersi nel suo dorato mondo. «Servo invece che capo, profeta invece che re, umile invece che imponente!» – dice Enzo Bianchi. Che continua: «È su questa povertà di Gesù che si gioca la nostra fede cristiana, è in questa contemplazione che conosciamo la povertà non solo come tema etico, morale, ma altamente cristologico. È la povertà, infatti, la ‘forma incarnationis’, la ‘forma ostensionis Christi’, la forma in cui Gesù, il Figlio di Dio, ci ha salvati». Povertà e svuotamento diventano sinonimo di Croce. Ciò che fa di Gesù e del Dio cristiano il prototipo dello stolto. Come si può credere in Dio che muore? Per di più appeso a una croce? Come si può vivere da discepoli di un Dio che ama servire più che avere dei servi al suo servizio? Essere cristiano mi sa che sia avere il coraggio di immergersi in uno scandalo senza precedenti e senza vie d’uscita. Ricchi della povertà di Dio. Sono davvero all’angolo. L’unica cosa che riesco a fare è invocare lo Spirito Santo. Paolo dichiarerà questa povertà “parola della croce” (‘ho lógos ho toû stauroû’: 1Cor 1,18), povertà estrema fino alla croce. Quando l’Apostolo proclama: “In mezzo a voi non ho voluto conoscere se non Gesù Cristo e questi crocifisso” (1Cor 2,2), è come se dicesse: “Ho voluto conoscere solo Gesù Cristo, povero all’estremo”.
Don Michele Mosa