Di Don Michele Mosa
Si parte sempre dalle tentazioni, o almeno così sembra. Perché in realtà, a ben vedere, si parte dallo Spirito. Sempre.
E la tentazione è dimenticarlo. Metterlo da parte. O considerarlo solo come un supporto. Un aiuto, niente di più.
Faccio io (al massimo convoco il Consiglio Pastorale) il programma poi invochiamo lo Spirito perché ci accompagni. Ci sia sostegno. In poche parole: lo Spirito non è il protagonista della vita della Chiesa, ne è solo il puntello. Sostiene la Chiesa, non la indirizza.
Questa mi sembra la prima e più grande tentazione, la vera tentazione che dobbiamo vincere: fare un passo indietro, tornare a essere discepoli. Imparare a lasciarci guidare dallo Spirito, anche quando ci porta nel deserto.
Tentazione dunque non è soltanto e prima di tutto questione morale – e spesso morale sessuale. Tentazione è questione spirituale e di fede: chi guida gli uomini e le donne all’incontro con il Risorto e con il Padre?
La tentazione si supera con l’ascolto della Parola e con il discernimento.
Gesù stesso ce lo insegna – lo attua lui per prima – proprio nella pagina di Luca che ascoltiamo in questa prima domenica di Quaresima: “Gesù gli rispose: ‘Sta scritto’. “
Solo così, infatti, vinciamo anche l’altra subdola tentazione che si insinua nel cuore dei credenti: la tentazione del miracolo: trasforma le pietre in pane, ad esempio.
Tentazione che diventa sfida il Padre e la sua Provvidenza. La sua misericordia. La sua tenerezza.
E lo Spirito ci guida nel deserto.
Ci guida alla scoperta dell’amore. Ci insegna a cercare lo Sposo.
Di giorno. E soprattutto di notte.
Deserto. Ricerca. Incontro amoroso: che siano davvero questi i sentieri della nostra Quaresima.