La Sacra Scrittura di domenica 26 gennaio

Il commento di don Michele Mosa. “Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui”

Di Don Michele Mosa

 

Aveva letto Isaia. Poi aveva chiuso il rotolo e l’aveva riconsegnato. Quindi si era seduto. Nella sinagoga era calato il silenzio. Tutti lo guardavano. Tutti aspettavano il suo commento. Ogni volta che mi avvicino all’ambone per un intervento – lectio, omelia o anche soltanto qualche avviso – rivivo questa sensazione: stanno tutti guardando me. Stanno proiettando su di me le loro attese e le loro fatiche, i loro desideri e le loro sofferenze. E ogni volta mi domando: saprò intercettare tutto questo? Saprò rispondere? Gesù non fa omelie.

Offre solo la chiave di lettura. Chiede di aprirsi all’azione dello Spirito. di passare dalla carta scritta alla vita. Dall’antica profezia alla vita nuova. Con quattro obiettivi “terreni”: portare gioia, libertà, occhi nuovi, liberazione. A cui se ne aggiunge “celeste”: “proclamare l’anno di grazia del Signore”, un anno, un secolo, mille anni, la storia intera segnata dalla grazia “perché – scrive il Card. Battaglia – Dio non solo è buono, ma esclusivamente buono, incondizionatamente buono”.

“Gli occhi di tutti erano fissi su di lui”.  Tutti ma non sono la folla, solo poche decine (come capita a me ogni domenica). A questi tutti Gesù presenta il suo sogno di un mondo nuovo. E sono solo parole di speranza: sono venuto a incoraggiare, a portare buone notizie, a liberare, a ridare vista. Sono il programma del Giubileo: siamo pellegrini di speranza. Non ci sono classifiche di merito: C’è buio e dolore: questo basta per far breccia nel cuore di Dio. Solo così la grazia è grazia e non calcolo o merito. Il regno di Dio è un regno per gli uomini. La Buona notizia che Gesù annuncia a Nazareth è che il Padre sta dalla parte degli uomini. Sempre.

“Per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato”. “Consacrato”, cioè cristiano. Tutti noi battezzati e non soltanto i ministri ordinati o i religiosi e le religiose. Tutti dobbiamo allora domandarci perché siamo stati consacrati. Per la libertà e la felicità degli uomini e delle donne o per imporre un nuovo giogo di schiavitù? “Se è vero, come è vero, – dice ancora il Card. Battaglia – che Gesù è stato consacrato per questo, non dovremo forse concludere che noi Gesù lo abbiamo sconsacrato quando abbiamo cancellata questa come sua missione o ne abbiamo messa come prioritaria magari un’altra? La sapienza, il senso del vivere per lui sta qui, e non in uno spirituale disincarnato”. Come Gesù ogni di noi sa ora da dove ripartire. Sa che è chiamato a dare speranza. Ad aprire strade di felicità. A ricomporre in unità i frammenti di questo mondo in frantumi.