Ringrazio il vescovo Corrado, le autorità qui presenti – in particolare i sindaci Elio e Ginetta che ringrazio per il saluto che mi hanno rivolto – , il coro Polifonico Padano (e ringrazio Dio per averci regalato il maestro Gaetano Faggian); ringrazio tutte le persone che da giorni hanno febbrilmente lavorato sotto la direzione di don Paolino per la preparazione di questa giornata, i giovani che hanno voluto accompagnarmi nel cammino verso la chiesa, e tutti voi, amici qui presenti. Chiedo scusa se in questo saluto farò maggior riferimento a Pieve, avendo poi l’opportunità sabato e domenica prossima di presiedere l’eucarestia a Badia e Casoni.
Fin dalla mia giovinezza… la proposta che Gesù lancia all’uomo chinato ai suoi piedi, quella di vivere i comandamenti, è per quel cercatore di vita eterna l’occasione per ripensare in un istante al cammino percorso fin dalla più tenera età. È il pensiero che mi ha accompagnato costantemente nei giorni passati, una quotidiana memoria grata per le bellezze di questo paese che ha accompagnato la mia giovinezza. La campagna, il Po e l’argine, le rogge e le strade sterrate, il cielo e i boschi, la gente, soprattutto la gente… e poi questa chiesa, la chiesa della mia giovinezza. Qui sono diventato cristiano l’11 gennaio 1987 – madrina era mia nonna Vera, che ancora ci fa strada con la sua dolcezza e tenerezza. Qui ho imparato a conoscere Gesù e il suo Vangelo, qui ho sentito la prima chiamata al servizio della comunità cristiana come chierichetto, come catechista, come membro del coro, come animatore ed educatore dell’oratorio. Qui nelle silenziose visite al Santo Sacramento la sete di vita eterna si è fatta nel tempo intuizione della vocazione al sacerdozio ministeriale e nella sacrestia di questa chiesa per la prima volta ho confidato tale desiderio a don Mansueto. Qui ho presieduto per la prima volta l’eucarestia il 16 giugno 2013, qui l’indimenticato vescovo Giovanni ha celebrato il funerale di mia mamma Silvia il 7 novembre del 2015. Qui ho congiunto in matrimonio Elisa e Stefano l’8 luglio 2017. Qui ho potuto battezzare i miei amati nipoti Elia e Diego. Qui tanti eventi lieti e tanti congedi sofferti di amici e persone senza delle quali non potrei dire chi sono. Questa chiesa racconta la mia storia, fin dalla mia giovinezza, e lo stesso per tanti oggi qui presenti. E ora ritorno da adulto nel grembo che mi generato (il paradosso di Nicodemo). Perché, nonostante il vescovo mi mandi tra voi per essere segno di Cristo pastore, io di questa comunità mi sento ancora e sempre figlio. Certo, non è la Pieve che ho lasciato ormai 18 anni fa. Tanti guardano con nostalgia alla Pieve che abbiamo conosciuto, alla sua frizzantezza e vivacità, tanto da essersi meritata l’appellativo di Piccola Parigi dalla penna di Gianni Brera. Ma Chi ci ha fatti non ha collocato gli occhi sulla nuca bensì sulla fronte: il nostro sguardo non deve indirizzarsi al passato con nostalgia, ma ad edificare il presente guardando alla futura Gerusalemme Nuova, quella del Cielo, che sola è immagine e modello conveniente di ogni città terrena. Allora, noi che abbiamo un solo Padre nel Cielo sentiamoci chiamati a vivere legami fraterni con tutti. Solo un paese che riscopre la positività dei legami è capace di generare qualcosa, è chiamato ad avere ancora storia e futuro. Mi sento incaricato ed erede dell’intuizione che guidò gli ultimi anni della vita di mia mamma Silvia, che con altre persone diede vita alla caritas parrocchiale e ad un servizio di accompagnamento scolastico per i bambini stranieri. La sfida della prossimità e del buon vicinato sono al centro della missione cristiana e sole contribuiscono ad edificare una città dalle solide fondamenta.
La mia nomina a parroco di Pieve, Badia e Casoni ci consegna l’appello a sentirci coinvolti in un cammino più ampio, dato che il vescovo ha voluto congiungere questa unità pastorale a quella di Chignolo, Alberone, Lambrinia, Monticelli. Sette in uno è il titolo di un cammino che si annuncia impegnativo, nel quale dovremo elaborare il lutto di qualche “si è sempre fatto così” scoprendo che si può fare anche diversamente, sperimentando insieme il gusto dell’allargare il cerchio delle proprie conoscenze e frequentazioni. Allarga lo spazio della tua tenda è la parola di Isaia che sta guidando il cammino della Chiesa universale nel Sinodo dei vescovi e lasciatemi confessare la mia contentezza per avere qui oggi un padre sinodale, che ci regala di sentirci parte – piccolissima parte – di questo cammino che davvero riguarda tutti i battezzati in ogni parte del mondo. Grazie don Dario per il regalo che hai voluto farmi di un viaggio lungo in un periodo intenso. Ma per i figli si fa anche questo, hai detto tu. Grazie e ti voglio bene.
Ho voluto entrare in chiesa accompagnato da don Fabrizio, don Paolino e dai due consigli pastorali per dire che questa chiamata all’unità ci coinvolge tutti e deve vederci tutti protagonisti. La meta per i sette in uno sarà quella di scoprire che già eravamo uno in sette, uniti da un’appartenenza più ampia e più profonda: quella a Gesù Cristo il vivente, che ci fa sentire in qualche modo uniti ad ogni uomo e donna e in particolare a quanti attraverso il fonte battesimale sono diventati suoi. Veniamo da una storia che già ci ha visto uniti e in cammino insieme: all’uscita vi sarà fatto omaggio di un testo di don Lorenzo Donelli – parroco di Pieve dal 1960 al 1995 – rivolto ai nostri compaesani tornati nelle proprie case dopo l’alluvione del novembre 1994 (della quale ricorrono i trent’anni). Anche io ricordo bene quel compleanno festeggiato da sfollato a Santa Giuletta, dai miei nonni materni. Don Lorenzo – in quel testo che ho voluto ciclostilare – ringrazia la generosità che gli abitanti di Chignolo hanno avuto verso i pievesi, sapendo aprire le porte di casa, offrendo un’ospitalità sicura e una prossimità calorosa. Se le emergenze non ci hanno divisi ma ci hanno uniti, quanto più il cammino ordinario sarà occasione per lasciare spazio ad una profezia di unità, forse piccola quanto alle dimensioni, ma potente e necessaria in un mondo lacerato da lotte e discordie. Sentiamoci eredi di questa storia che merita di essere continuata.
Finisco. Oggi 13 ottobre divento parroco di Pieve. Il 13 ottobre 2012 diventavo diacono. Quando si diventa preti l’anniversario di ordinazione diaconale passa un po’ in secondo piano, eppure si tratta del primo giorno in cui ho pronunciato solennemente gli impegni del mio stato di vita, quelli oggi da me pubblicamente riaffermati di fronte al vescovo. Devo riconoscere con vergogna che questi dodici anni di ministero mi hanno visto ripetutamente tradire quelle promesse, dalla prima all’ultima. Il vescovo non vi manda un discepolo modello, ma un ripetente che speriamo se la cavi. Ho sempre sentito che la radicalità delle condizioni richieste dalla Chiesa ai propri ministri rappresenti quasi un’indicazione, un suggerimento di lettura: prima di essere tu a balbettare il tuo desiderio di fedeltà, è Dio ad impegnarsi con te. Lo spazio contenuto delle promesse corrisposte è il luogo ordinario in cui sperimentare la Sua prossimità e benevolenza, quello delle mancanze e tradimenti è piuttosto il luogo straordinario in cui sentire che nemmeno il peccato fa da ostacolo a Dio nel volerti bene, secondo un impegno (il Suo) che solo è incrollabile.
Alla Vergine Maria apparsa a Fatima affido il cammino che ci si apre davanti: come a tre pastorelli regali a me, don Fabrizio e don Paolino di essere testimoni della vicinanza di Dio (don Mansueto provvisoriamente è più come Bernardette nella clausura di Nevers). Come una mamma la Madonna ci porti in braccio, Pieve, Badia, Casoni, Alberone, Chignolo, Lambrinia, Monticelli, e stringendoci al suo seno ci faccia sentire già più vicini, gli uni agli altri. Ascoltando il battito del suo cuore che simultaneamente è per tutti i suoi figli e per la gloria di Dio, ci regali di sentirci e saperci chiamati ad essere una cosa sola. E ci doni sapienza sufficiente per riconoscerci non privati di qualche cosa in questo passaggio che viviamo ma chiamati a sperimentare ancora il centuplo quaggiù e a riscoprirci eredi della vita eterna. Amen
Don Luca Massari