La Sacra Scrittura di domenica 4 agosto

Il commento di don Michele Mosa. “Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato”

Di Don Michele Mosa

 

Credere dunque è la discriminante fra l’essere discepolo o non esserlo. Credere cioè fidarsi e affidarsi a Qualcuno. Non si tratta di sapere qualcosa; si tratta piuttosto di costruire una relazione con qualcuno, anzi Qualcuno. La relazione però va prima di tutto purificata: bisogna cioè avere il coraggio di domandarsi perché cerchi l’altro? Perché vuoi costruire un rapporto d’amicizia, di affetto, di figliolanza con Dio? Innanzitutto – inutile nascondersi o assumere l’aria del “santino da immaginetta”, come direbbe il papa – cerco Dio perché mi garantisce la salute, la vita, i soldi. Quando abbiamo tutto questo, alcuni si accontentano, altri provano un passo in più: cercano le emozioni religiose, la bravura. Raggiunti anche questi risultati, alcuni si fermano, altri mirano a esperienze un po’ più alte e se non le trovano nel cristianesimo, vanno a cercarle anche in altre religioni. Cioè Dio è Colui dal quale cerchiamo ciò di cui abbiamo bisogno, ciò che desideriamo per star bene, per star sempre meglio. E ciò vale per tutti: cristiani e non cristiani, laici, preti e Vescovi. La fede invece è cercare l’altro, l’Altro per lui/lei stesso/a non per i vantaggi, neppure quelli spirituali, che posso trarne. «Non per la paura dell’inferno, né per la speranza del Paradiso, ma per come mi hai amato, io ti amo» – scriveva Francesco Saverio. Qui permettetemi un inciso, un piccolo esame di coscienza: perché cerchiamo collaboratori? Perché cerchiamo gli amici, i colleghi, i vicini? Perché cerco il parroco? E perché io prete cerco il Vescovo? Spesso – duro ma doveroso riconoscerlo – cerco l’altro perché ho bisogno di qualcosa. E in questo siamo tutti cascati. Uscirne è difficilissimo: «Signore, dacci sempre questo pane». Impegno per questi giorni di riposo: ritrovare relazioni autentiche.