La Sacra Scrittura di domenica 12 maggio

Il commento di don Michele Mosa. “ (...) Allora essi partirono e predicarono dappertutto”

Di Don Michele Mosa

 

Pronti. Via. Il Maestro sale al Padre, li lascia. E loro partono. Dio non è “motore immobile”. Stare fermo, fisso su un piedistallo è questione di idoli, non è dio. Perlomeno non è il Dio cristiano. Il Dio del Vangelo si caratterizza per il suo viaggiare. Per non avere un rifugio. Missionario il Signore. Missionari i discepoli. Accade alle origini, dovrebbe accadere oggi. Sempre. Il Maestro sfonda le nuvole, i discepoli i confini dell’Impero Romano. Come può accadere questo? Dovremmo tornare su quel monte, contemplare il Risorto e riceve re da lui il mandato di andare e predicare. Tornare su quel monte è possibile anche oggi? Penso che quel monte oggi sia innanzitutto la celebrazione eucaristica, poi l’ascolto e la meditazione della Parola, la preghiera in tutte le sue forme. Una preghiera che non si chiude nell’intimismo ma si apre, appunto, alla missione, all’incontro con l’altro. “Partire” significa “passare dall’incontro con il Signore all’incontro con i fratelli”. “Predicare” non vuol dire andare in giro a fare prediche, ma far conoscere attraverso i nostri pensieri, le parole, le azioni il messaggio e la logica del Vangelo.

È necessario tornare al monte dell’Ascensione. Questa è la grande conversione riscoperta e rilanciata dal Concilio Vaticano II e da numerosi documenti dei Vescovi di tutto il mondo, “in primis” italiani, che però fa una grande fatica a realizzarsi e ad affermarsi. La Chiesa Italiana, le Diocesi, le Parrocchie devono trasformarsi da luoghi in cui si va a “regolare i propri debiti”” con il Signore, a “mettersi in pace con la coscienza” a “luoghi di incontro” con il Signore, che possano rifornire di nuova energia i doni che lo Spirito ha dato a ciascuno, come ci ricorda San Paolo: “.. egli ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti, ad altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri, per preparare i fratelli a compiere il ministero, allo scopo di edificare il corpo di Cristo”. Con una certezza: non si viaggia mai da soli. Non siamo lupi solitari. Ma in quel tempo il Signore “agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano”. Lo sanno i tanti missionari e missionarie che partono. Lo sanno tutte e tutti i “viaggiatori” del Vangelo perché il Signore Gesù è fedele alla sua promessa: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20).