Di Don Michele Mosa
Questione di potatura, cioè questione di forza e di tenerezza. Devi usare la forza per tagliare il ramo al punto giusto ma devi farlo con tenerezza, quasi accarezzandolo e asciugando le sue lacrime, perché è comunque una ferita. Potare è un’arte: è mestiere che richiede sapienza ed esperienza. È l’arte del Padre. Potare fa il parallelo a innestare: altra arte che richiede forza e tenerezza. Potare e innestare sono l’agire del Padre; a noi è affidato il frutto di quell’azione. Giovanni lo dice con il verbo rimanere. “Se rimanete”, “se non rimanete”, “chi rimane”, “chi non rimane” … e così via, sette volte. Custodire l’innesto è il compito del discepolo. Anzi è ciò che ci fa discepoli. L’arte del discepolo è quella di far in modo che non si interrompa il flusso vitale della linfa, è far sì che il tralcio non secchi e muoia. Dobbiamo perciò fare molta attenzione agli innesti perché è più facile tagliare e bruciare rami secchi che curare e custodire innesti, gemme che fioriscono. Pensate a Saulo innestato in Cristo: chi dà fiducia a Paolo? Ci vuole Barnaba per convincere la Chiesa che la strada di Damasco è strada di vita e non di morte. Di quanti Barnaba abbiamo ancora bisogno: per la Chiesa e per il mondo. Di uomini che sanno scavalcare la categoria dell’ex – ex tossico, ex carcerato, ex prete… – e scoprire gli innesti che portano frutti nuovi. Ci servono CUSTODI premurosi; di giudici ne abbiamo già tanti. Anzi troppi.