Così come aveva fatto Gesù, al mattino: uscì di casa. Uscire: verbo che caratterizza il Dio dei vangeli, incarnato in Gesù, e che fa così paura alla Chiesa. Uscì e andò al mare, come in tanti fanno in questi giorni. Gesù però non andava in ferie, non cercava l’abbronzatura: andò in riva al mare per raccontare di un Dio che non ha paura del confronto con gli altri dei – dal mercato al denaro, dalla ricerca del potere e/o del successo fino alla superficialità che tanto affascina noi uomini e donne –, anzi vuole incontrare anche loro, gli idoli così cari a noi uomini e donne, vuole soprattutto incontrare gli uomini e le donne là dove vivono, fosse pure il regno che esclude proprio lui, il dio del vangelo. Uscire: nella speranza e senza paura dei rischi, quasi sprezzante del fallimento e della sconfitta. Ennesimo schiaffo alla mia tiepidezza, al mio temere il confronto con la realtà, al mio rimpiangere i tempi che furono, mitica età dell’oro che non è mai esistita, al mio condannare chi non c’è invece che uscire, appunto. Per dirla con le parole del cardinal Federigo all’Innominato: «ch’io mi sia lasciato prevenir da voi; quando, da tanto tempo, tante volte, avrei dovuto venir da voi io»; non uscire è motivo di rimprovero per chi vuole essere discepolo del seminatore. Uscire dice che ti fidi del padrone: del seme e del campo, perché è sempre lo stesso padrone. Non uscire, nascondere il seme, non lavorare il campo è segno di tradimento e codardia, è – per dirla con le parole del Vangelo – «essere uomini di poca fede». Questo è il mio problema: la fede.
Don Michele Mosa