Di Mons. Corrado Sanguineti (Vescovo di Pavia)
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Nell’incipiente aria di primavera, con le giornate che si fanno più lunghe e cariche di luce – almeno nel nostro emisfero – è come se ogni anno vivessimo una sorta di risveglio: abbiamo tutti più voglia di uscire, d’incontrare amici e persone, di condividere momenti di compagnia e di svago, è come un’indicibile speranza che riprende a vibrare nel cuore, anche quello più distratto e superficiale.
Nella natura che si risveglia, nei germogli e nelle gemme turgide di vita, nell’indomita capacità di ripresa, che spesso gli uomini manifestano, dopo grandi prove o tempi di sofferenza, si fa presente come una forza di risurrezione, un’affermazione e una volontà irriducibile di bene: davvero, nascostamente, c’è una tensione “pasquale” ad attraversare anche le ore del buio e del dolore, per una possibile e desiderata rinascita.
L’avventura umana, nell’esistenza delle persone e dei popoli, sarebbe impossibile e inspiegabile senza questo dinamismo di resilienza e di vita che non si arresta nemmeno di fronte alla morte e alle tragedie della storia. Allo stesso tempo, se siamo leali con la nostra umanità, avvertiamo la fragilità della speranza, insidiata dal disincanto, dal cinismo rassegnato, dalla riduzione dei desideri più profondi dell’animo.
Arriviamo ai giorni della Pasqua, alle porte, con il carico delle nostre fatiche e preoccupazioni: ovviamente non siamo tutti nelle stesse condizioni. Tuttavia, se abbiamo gli occhi aperti e non ci chiudiamo nel nostro “piccolo mondo”, nella nostra “comfort zone”, vediamo situazioni di povertà e di disagio, di solitudine e di sofferenza vicino a noi, nelle famiglie, negli anziani, in non pochi adolescenti e giovani confusi e intimoriti davanti al futuro. Sentiamo l’eco vicina di rumori di guerra, con paure e interrogativi su sviluppi imprevedibili: da più di un anno prosegue la guerra d’aggressione all’Ucraina e sembra che all’orizzonte non si veda via d’uscita, che si parli solo con il linguaggio delle armi, tanto che rischiamo di rassegnarci a questa guerra, come alle altre, di cui si parla poco o nulla. Sono ben 169 i conflitti in atto nel mondo! Davvero una «guerra mondiale a pezzi», come la chiama Papa Francesco. In queste ultime settimane, sono tornati a crescere gli arrivi di migranti da Paesi in guerra o sfregiati dalla miseria, dalla mancanza di prospettive, da regimi violenti e inumani, come in Iran e in Afghanistan. Purtroppo, non avendo spesso altre vie di fuga, uomini e donne, con minori e bambini, si affidano a trafficanti senza scrupoli, e non poche volte incontrano la morte nel mare, com’è accaduto davanti alle coste calabre di Cutro e in tanti altri luoghi del Mediterraneo, in una silente e colpevole indifferenza di molti. Non è più un’emergenza, è un fenomeno globale che in realtà coinvolge molte nazioni del mondo, aggravato dalla follia delle guerre, davanti al quale nessuno ha la soluzione pronta, ma tutti dovrebbero lasciarsi interpellare, in particolare la nostra Europa, invecchiata e tentata di chiudersi nei suoi confini.
“L’annuncio di un fatto nuovo, accaduto nel passato, eppure sempre attuale”
Viviamo la contraddizione tra il senso e il desiderio di vita e di ripresa, che permangono al fondo del cuore, e questi segni di morte, che sembrano far vincere la logica cinica di un potere disinteressato al vero bene delle persone e dei popoli. Così siamo in bilico tra la ricerca di spazi e momenti di serenità e una stanca rassegnazione, che si tinge d’indifferenza e di sordità davanti al grido dei poveri e della terra, devastata dalle guerre e da uno sfruttamento dissennato e miope.
La Pasqua ritorna come l’annuncio di un fatto nuovo, accaduto nel passato, eppure sempre attuale, sorgente di una vita che si attesta nella testimonianza della comunità cristiana e che si mostra con più forza nell’umanità cambiata di testimoni che possiamo incrociare.
I cristiani delle chiese orientali, anche ucraini e russi, si scambiano gli auguri pasquali, ripetendo nelle varie lingue: «Cristo è risorto!», «È veramente risorto!». Questa è la sorgente di una speranza invincibile: nella storia è accaduto un avvenimento che contrasta il dominio della morte e del male, di cui sono testimoni innanzitutto i primi discepoli, con le donne che all’alba di quel primo giorno dopo il sabato hanno trovato il sepolcro di Cristo aperto e vuoto e hanno ricevuto l’annuncio della risurrezione. Da allora c’è una presenza nuova, che continua a entrare in dialogo con il cuore di ogni uomo, raggiunto da questo annuncio e dal dono di una testimonianza, ed è la presenza viva di Gesù che apre il cuore e ci spinge a condividere le fatiche e le sofferenze dei nostri fratelli uomini.
Augurarci “buona Pasqua” è esprimere il desiderio di poter incontrare segni e tracce del Signore risorto, e in lui riconoscere che la nostra vita e la nostra storia, per quanto convulse e ferite, hanno un destino buono, camminano verso la pienezza della vita e della risurrezione. Buona Pasqua!