Aggiornato il piano di Regione Lombardia per prevenire il rischio suicidi nelle carceri

Letizia Moratti, vicepresidente e assessore al Welfare: “Verranno coinvolti medici specializzandi”

Regione Lombardia ha aggiornato il piano per la prevenzione del rischio suicidi nelle carceri (nella foto la casa circondariale di Torre del Gallo a Pavia, ndr). Il nuovo documento è stato elaborato da un gruppo di lavoro costituito da rappresentanti delle aree sanitaria e penitenziaria. L’obiettivo è fornire linee di indirizzo comuni affinché ogni istituto penitenziario intraprenda azioni più efficaci per la presa in carico dei detenuti con problemi di disagio psichico. “L’aggiornamento del piano – si legge in una nota della Regione – si è reso necessario anche a seguito dell’emergenza Covid in ambito penitenziario a causa delle restrizioni adottate per i contatti dei detenuti con l’esterno, elementi che hanno reso più dure le condizioni di pena. Un quadro difficile che, tra le sue conseguenze, ha provocato anche un aumento del tasso di suicidi in carcere, come rilevato dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia”. “Un argomento da affrontare con molta attenzione – ha evidenziato la vicepresidente e assessore al Welfare di Regione Lombardia, Letizia Moratti – e, proprio per questo, è necessario discuterne. Un percorso potrebbe consistere nel coinvolgimento degli attori del sistema penitenziario e sanitario, detenuti compresi, attivando una rete di attenzione per rilevare eventuali segnali di disagio e sofferenza emotiva correlabili ad un rischio di suicidi. E come altri ambiti hanno dimostrato, la prevenzione diventa fondamentale”. “Anche le carceri, così come gli altri ambiti sanitari – ha aggiunto la vicepresidente Moratti – risentono della difficoltà di reperire personale sanitario. Per questo il percorso intende prevedere il coinvolgimento di medici specializzandi, così come avviene nei Pronto Soccorso”. Il piano regionale del “rischio suicidi” dovrà essere trasmesso alle varie articolazioni territoriali, sanitarie e penitenziarie per definire in modo congiunto, in ogni carcere, un ‘piano locale di prevenzione’.