La Sacra Scrittura di domenica 7 novembre

Il commento di don Michele Mosa. «Cristo non è entrato in un santuario fatto da mani d’uomo, figura di quello vero»

Il santuario è caduto. Il tempio non c’è più. (E non mi riferisco solo alla presa di Gerusalemme da parte delle truppe romane nel 70 d. C.). Il santuario era crollato nel momento in cui Gesù aveva risposto sì al Padre sulla croce: e il velo si squarciò in due: era finita l’epoca dei Sommi Sacerdoti. Era finito il culto fatto di prescrizioni e di decreti. Cristo, Sommo Sacerdote della Nuova Alleanza, inaugura una nuova era: la pienezza del tempo. È a partire da qui che inizia l’avventura della Chiesa: la Croce non è il traguardo ma la partenza. La meta è il Regno dei Cieli. Lì dove, metaforicamente, Cristo siede alla destra del Padre. Mi sono chiesto cosa vuol dire superare il santuario o, in altro modo, cosa significa avere il Cielo come Santuario. E, se la prima risposta – impulsiva, passionale, viscerale – è stata un’altra domanda: a cosa allora ci servono le chiese; riflettendo mi sembra di poter dire che se da una parte abbiamo bisogni di templi in cui ritrovarci – Chiesa è appunto comunità convocata e radunata – dall’altra dobbiamo riscoprire il valore del corpo: proprio Gesù aveva “sostituito” il Tempio di Gerusalemme con il suo Corpo. Non è entrato in un santuario fatto da mani d’uomo ma in quello vero, cioè nel santuario che il Padre ha edificato: il mio corpo. Non è forse questo il mistero della COMUNIONE? Lasciare che Cristo diventi carne della mia carne e mi trasformi in Lui: mangio l’Eucaristia per diventare Dio (dovremmo studiare di più la teologia e la spiritualità dei nostri fratelli ortodossi). Per lasciare che lo Spirito mi trasformi e faccia di me – lo ricorda Paolo ai Corinzi – il corpo del Signore. Pensare così la liturgia confesso che mi mette in crisi: come cristiano e come pastore. Come vivo questo momento? Come mi apro all’azione dello Spirito? Spesso l’attenzione al rito mi preoccupa più dell’incontro con il Cristo risorto. La fedeltà alla rubrica diventa troppo spesso ostacolo e impedisce alla vita di farsi penetrare dal soffio dello Spirito. Così o i riti sono tristi o sono sopra le righe. Ho bisogno di ritrovare il mio corpo come tempio dello Spirito, ho bisogno di sentire che Cristo in me mi trasforma nel suo corpo. Questo mi sembra – potrei sbagliare certo – il modo più bello di costruire la Chiesa. Convocata nel Tempio per uscire lungo le strade.

 

Don Michele Mosa