Dalle stelle alle stalle.
Stavolta sto davvero uscendo dal sentiero.
Forse, no!
Il desiderio infatti ha a che fare con le stelle: le porta nel nome: sidera, le stelle di Cicerone. E di Pilato.
Il desiderio però è segno di lontananza: guardo dal basso e misuro la distanza che mi separa dal cielo.
Questo fatto non allarga il cuore e nemmeno lo sguardo, tutt’altro. Dice che il desiderio non ha nulla di sentimentale: non è la declinazione romantica dell’amore atteso, sospirato. Sognato.
Desiderio dice al contrario di assenze, di sedie vuote. Dice che è meglio distogliere lo sguardo dal cielo perché da lì non viene nulla. Le stesse non hanno auguri o auspici da darci.
De-sidera: le stelle si allontanano.
Manca qualcosa che sarebbe bello ci fosse.
Allora – concluderebbe Buddha – se vuoi star bene, smetti di desiderare. Svuota la tua vita dei desideri. Passa “indifferente” lungo le strade: niente desideri, nessuna sofferenza.
Giacomo ci propone invece di pulire lo sguardo, di bagnare gli occhi con la grazia: la gratuità che è il segreto di Dio. Alza gli occhi al cielo non per possedere ma riempirti di luce.
Cerca fra le stelle e inebriati con «la sapienza che viene dall’alto anzitutto (che) è pura, poi pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, imparziale e sincera».
Non smettiamo di desiderare.
La lontananza dalle stelle non è un abisso incolmabile: «il cielo – cantava Ungaretti – prepara oasi ai nomadi di amore». Per questo anch’io canto con il profeta: «Se tu squarciassi i cieli e discendessi» (Is 63,19)!
Il desiderio di Dio è stato compiuto da Gesù Cristo «che è Dio sceso sulla terra come un bacio, come una carezza sulla terra e sul cuore» (p. Benedetto Calati).
Don Michele Mosa