«Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo. Perché con la tua santa croce hai redento il mondo». Non è solo la formula di preghiera quaresimale: ritornello che scandisce il passaggio dall’una all’altra delle stazioni della Via Crucis; è il segreto del mondo e della storia. È – riferendoci a Paolo – il mistero nascosto nei secoli e ora rivelato. È mistero non perché incomprensibile o irragionevole; è mistero perché rovescia, ribalta il nostro comune modo di vedere e pensare Dio: non sta seduto su un trono di gloria, circondato da schiere di angeli che lo servono. Non è la liturgia celeste il clima preferito da Dio. Il fondamento della storia, la base su cui poggia il mondo è la CROCE. Tutto si regge sulla MORTE DI DIO. È vero: Dio è morto. E da quella morte è venuta la vita. Ha ragione mons. Delpini: «a questa morte si appoggia chi vive». Tutto si regge sul Suo donare la vita. Non però come «In principio» – E Dio disse: Sia, cioè vivi – ma nel senso più vero e sofferto: “mors mea, vita tua”. (Noi preferiamo invece rovesciare i termini dell’equazione: “mors tua, vita mea”: ed è davvero così se il TUA si riferisce al Crocifisso sul Golgota).
Ecco allora Paolo agli Efesini:
- Siamo vicini grazie al sangue di Cristo;
- Superiamo le divisioni per mezzo della sua carne;
- Siamo riconciliati con Dio per mezzo della croce:
- Ritroviamo l’unità di un popolo per mezzo di lui.
Dico un’eresia – ne sono consapevole – ma non siamo cristiani perché battezzati e cresimati. Non siamo cristiani perché facciamo la comunione tutte le domeniche. Siamo cristiani se ci immergiamo nel mistero della Croce, se la Croce diventa la mia bussola. Non è il catechismo che mi fa cristiano: al massimo mi insegna alcune verità su Dio. È il Vangelo dell’Incarnazione e della Croce che mi fa cristiano. È la logica del seme: morire per donare frutto. «Il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani». Tragedia della vita. Umana. Figuriamoci se la morte segna addirittura la sconfitta di Dio.