Cioè appartenete a Cristo come Cristo appartiene a Dio. Rovesciamento totale di ogni nostro pensiero e sentimento: mi appartieni. Sei mio. Sei mia. Mio/a: la parola che esprime, forse ancor più che Io, la consapevolezza di me stesso: dice il mio bisogno di affermarmi sulla scena della vita e della storia. Dice che possiedo qualcosa quindi che ci sono e che valgo. Al contrario essere di qualcuno: sono ridotto a una cosa. Sono nelle mani di un altro che può disporre di me. Sono – esperienza tragica e disumanizzante – uno schiavo. Eppure è la parola che pronuncia Maria: «ecco la schiava del Signore». Dovremmo imparare a rovesciare la grammatica: tu non sei mio ma io sono tuo. Primo passo per rovesciare la vita. Per arrivare a dire – e soprattutto a vivere – come Paolo: «Per me vivere è Cristo» (Fil 1,21). Perché non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me» (Gal 2, 20). Permettetemi di lasciare la parola a una poetessa che amo molto, Alda Merini: “Appartenere a qualcuno significa entrare con la propria idea nell’idea di lui o di lei e farne un sospiro di felicità. A volte succedono cose strane, un incontro, un sospiro, un alito di vento che suggerisce nuove avventure della mente e del cuore. Il resto arriva da solo, nell’intimità dei misteri del mondo. Ieri sera mi hai portato due quadri, anzi tre e due giravolte. Mi hai detto: ‘Da quando sei grassa io ti amo di più’. Invece io mi nascondevo e scappavo di qua e di là come l’acqua. Dio mio, spiegami amore come si fa ad amare la carne senza baciarne l’anima”. Appartenere a qualcuno (a Cristo) non impossessarsi di qualcuno è «sospiro di felicità».
Don Michele Mosa