Impossibile non sentire l’eco delle parole di Adamo davanti a Eva: «carne della mia carne, ossa delle mie ossa». L’alleanza che costituisce Davide re su Israele non è un patto di natura politica, non risponde a una strategia di potere (o perlomeno non è solo questo) ma è il compimento di un disegno che viene dal cuore di Dio stesso: è una vocazione che coinvolge Davide e le tribù di Giacobbe. E – questo mi sembra davvero straordinario, “divino” – ancora una volta risponde al primordiale progetto di Dio: in un certo senso è un altro passo che permette, anzi favorisce il cammino della Creazione verso il suo traguardo. Cammino però che non si può mai realizzare da soli: bisogna essere almeno in due perché solo la relazione ci fa crescere. Adamo ha bisogno di Eva. Insieme possono dialogare con Dio. Davide ha bisogno del popolo. Se non sono “alleati” non sono sotto lo sguardo benedicente di Dio. Con un’attenzione che vorrei solo suggerire (nella speranza che ci aiuti a riflettere): non si tratta di un quadretto idilliaco: Davide è un uomo con i suoi limiti, i suoi difetti, le sue debolezze e Israele non è il popolo perfetto, non è neppure il migliore che Dio potesse trovare: si cresce insieme dentro e non contro i propri fallimenti. A questo proposito – fallimenti personali e di comunità, peccatori individuali e sociali – mi piace richiamare un testo di Antonio da Padova proprio a commento di questo passo biblico: «“Ecco, noi siamo tue ossa e tua carne”. Così i penitenti devono dire a Cristo: Abbi pietà di noi, perdona i nostri peccati, perché noi siamo tue ossa e tua carne. Per noi uomini ti sei fatto uomo, per redimerci. Da tutto ciò che hai patito, hai imparato ad aver pietà di noi. A un angelo non possiamo dire: Ecco, noi siamo tue ossa e tua carne. Ma a te che sei Dio, figlio di Dio, che non hai assunto gli angeli ma il seme di Abramo, possiamo dire in verità: Ecco, noi siamo tue ossa e tua carne. Abbi dunque misericordia delle tue ossa e della tua carne! E chi mai ha avuto in odio la sua carne? Tu sei nostro fratello e nostra carne, e quindi sei obbligato ad aver pietà di noi e a compatire le miserie dei tuoi fratelli». Sei obbligato a perdonarci… cioè conclude Antonio: «I figli d’Israele trasportarono le ossa di Giuseppe dall’Egitto alla terra promessa: anche tu, dalle tenebre di questo Egitto, portaci, noi che siamo tue ossa, nella terra delle beatitudine, perché siamo tue ossa e tua carne». Alleanza eterna e indistruttibile che rinnoviamo ogni volta che celebriamo l’Eucaristia: non premio per i giusti ma viatico per i pellegrini e medicina per i peccatori. Rinnovare dunque questa Alleanza è fondamentale per vivere: oggi su questa Terra, per sempre nella Beatitudine di Dio.
Don Michele Mosa