La Sacra Scrittura di domenica 20 aprile, Santa Pasqua

Il commento di don Michele Mosa. «Di mattino, quando era ancora buio»

di don Michele Mosa

 

Il buio. Il sole non ha ancora risvegliato la terra. Il cuore è ancora prigioniero della morte. Morte: l’unica certezza dei mortali. La parola definitiva che ogni uomo e donna non può sfuggire. Da cui nessuno può fuggire perché se di doman non c’è certezza, la morte è l’unica certezza. Buio. Gli occhi di Maria di Magdala non hanno ancora incontrato il collirio della luce che viene non dall’oltretomba ma dalla parola della Scrittura perché “se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti saranno persuasi”.

Il buio è ciò che si oppone alla luce ma non la vince (Gv 1, 5), è affrontare la tempesta senza Gesù (Gv 6, 17), è la condizione di chi non crede in Cristo (Gv 12, 46). Inizia una nuova settimana – è il primo giorno –, inizia una nuova epoca ma l’alba non è ancora sorta; è ancora buio. In cielo e nel cuore.  Uscire di casa è il primo passo – ed è fondamentale perché finché resti in casa sei al buio – ma, appunto, è solo il primo passo: per questo dovremmo dire non “credette” ma “cominciò a credere”: questo esprime l’aoristo “ἐπίστευσεν”: non tanto un’azione compiuta, precisa quanto piuttosto l’inizio di un’azione. Del resto, l’evangelista precisa che “non avevano infatti ancora compreso la Scrittura che egli doveva risuscitare dai morti”.

La tomba vuota, il lenzuolo, il sudario non conducono necessariamente alla fede nel Risorto, possono anche far nascere l’ipotesi che il cadavere di Gesù sia stato trafugato.

La fede nasce e cresce solo se illuminata dalla parola delle Scritture: basta rileggere Lc 24. La Scrittura aiuta anche a valorizzare un altro percorso verso il Signore Risorto: quello della relazione affettiva, emotiva: Maria di Magdala e i due discepoli erano legati al Maestro da amicizia, stima, confidenza. Anche questo è importante ma va educato. Non possiamo restare al livello emotivo (anche se non possiamo farne a meno). La Scrittura ci insegna a vivere in pienezza i nostri sentimenti senza cadere nel sentimentalismo o nell’insensibilità. Non si può entrare nel sepolcro – e nelle tante situazioni di morte che incontriamo nella nostra vita – senza emozioni: non saremmo umani. La fede però ci aiuta a vedere anche il non visibile: il Risorto. L’amore più forte della morte. Il grido disperato: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” diventa affidamento nella fede: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”. Perché “la fede nella resurrezione”, che è al cuore della fede cristiana, non coincide con una semplice fiducia nella vita, ma “crede la vita che nasce dalla morte grazie alla forza dell’amore di Cristo”. E consente di entrare nelle situazioni di morte guardando oltre la morte e vivendo la resurrezione, cioè amando o cercando di amare come Cristo ha amato e, soprattutto, credendo all’amore del Padre per noi.