Di Don Michele Mosa
Questione di confine.
Dipende da dove traccia la linea.
Io e lui. Noi e loro.
Questione di identità.
A che gruppo appartieni?
Sai, Gesù, agiscono nel tuo nome (e sono perfino più bravi di noi) ma non hanno aderito al nostro gruppo.
L’esclusiva è nostra.
A noi i multimarche non piacciono: non prendono posizione. Non hanno le idee chiare. Sono relativisti e sincretisti.
A noi piace invece tracciare un confine e avere una tessera in tasca.
Dramma di ieri e ancor più di oggi: e non è questione di società liquida, tranquilli.
Si tratta piuttosto di uno dei più complessi – e vitali – dilemmi di sempre: una Chiesa d’élite o una Chiesa di popolo?
Accogliamo tutti – per qualcuno caliamo le braghe – o ci arrocchiamo nel nostro castello – sacristia – e difendiamo i valori non negoziabili?
Intendiamoci: non si vive senza confini e tutti abbiamo un’identità; si tratta, credo, di decidere come si apre o come si esce da un confine e con quali strumenti si vive la propria identità.
Nel concreto nostro quotidiano: la parrocchia non può non essere aperta a tutti ma per fare questo deve svendere la propria identità cristiana? Oratorio aperto è sinonimo di centro sociale o di ludoteca?
Ancora: essere questione è una questione di appartenenza – basta il battesimo – o è sforzo di essere discepoli di Cristo dentro le fatiche e le doti di ognuno?
Cosa ci rende discepoli? Cosa ci fa testimoni?
L’andare in chiesa, il frequentare incontri e catechesi?
Certo non basta essere buoni e onesti, lo so e ne sono convinto.
Ma non basta neppure essere assidui frequentatori di liturgie solenni o essere amici di alti prelati.
Questo è il mio dilemma: di cristiano, di prete, di parroco.
E ripenso al cardinal Martini che paragonava la comunità cristiana a un albero: «Ci sono i cristiani della linfa, i cosiddetti impegnati, coloro che partecipano abbastanza da vicino alle iniziative della parrocchia. Ci sono i cristiani del midollo, che frequentano la Messa con qualche regolarità, che contribuiscono magari economicamente alle necessità della Chiesa, però non collaborano direttamente alla costruzione della comunità. Ci sono poi i cristiani della corteccia, che vivono marginalmente rispetto alla comunità cristiana». E – aggiunge papa Francesco: «quelli del muschio, attaccati solo esteriormente».
E poi c’è Ignazio Silone: “Nella vita ho scoperto che prima della chiesa c’è Cristo, e prima del partito c’è la coscienza”.