Proponiamo volentieri all’attenzione dei lettori del sito www.ilticino.it la lettura dell’articolo pubblicato su “il Ticino” di venerdì 19 aprile 2024 con le riflessioni del prof. Giulio Guderzo sull’anniversario del 25 aprile.
Di Giancarlo Bertelegni
Sono passati 79 anni dal 25 aprile del 1945, giornata di Liberazione dal nazifascismo e aurora tra noi della sospirata pace. Ne parliamo con il prof. Giulio Guderzo (nella foto, ndr), già docente di Storia Moderna all’Università di Pavia, per lunghi anni direttore dell’Istoreco (l’Istituto Pavese per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea) ed autore del volume dal titolo “L’altra guerra”, dedicato alla storia della Resistenza nella nostra provincia. Guderzo visse, seppur in altra località, da ragazzo quei momenti storici. Queste le riflessioni che propone ai lettori dei “il Ticino” in occasione della prossima Festa della Liberazione: “Ogni anno che passa si porta fatalmente via, con il venir meno di chi li ha vissuti e variamente giocati, pezzi, persone, soprattutto, ma non soltanto, di una storia più o meno importante, destinata, comunque, inevitabilmente, ad impallidire via via nella memoria collettiva. Chi fa il mio mestiere, si sforza di tenerla viva, sempre persuaso che la storia, fuor di retorica, resti ‘maestra di vita’, ma dovendo continuamente inciampare in una realtà diversamente amara.
Fortunosamente approdato alla direzione dell’Istituto Pavese per la storia della Resistenza, da poco nato a Pavia su sollecitazione dello stesso ‘gran capo’ Ferruccio Parri, mi trovai , non subito, ma via via, sempre più evidentemente, a fare i conti con una realtà – quella della guerra partigiana, coi suoi attori e testimoni, dall’una e dall’altra parte della barricata – che veniva progressivamente sfumando, per il venir meno non solo dei protagonisti, ma delle stesse realtà ambientali nelle quali era stata combattuta.
Il primo incontro, o meglio scontro, con questa realtà, lo ebbi assai per tempo, in un paesino a ridosso del Penice: Dezza (una frazione del comune di Bobbio, in provincia di Piacenza, ndr). Quando vi arrivai, con un gruppetto di studenti interessati a quel genere di ricerca sul campo, venni accolto da quello, che era stato il valoroso e saggio capo dei partigiani del luogo, in un paese vuoto ed evidentemente disabitato. Tornato in seguito, a distanza di anni, per ricordare quei valorosi, avrei trovato un paese totalmente cambiato, diventato località di vacanza, irriconoscibile rispetto a quello che aveva scritto pagine tanto importanti di storia.
Mi chiesi allora, e torno a chiedermi ancora, se non si possa (o, per meglio dire, si debba) far qualcosa, oltre a scriverne, per tener viva la memoria di persone e fatti, che restano straordinari e non meritano assolutamente l’oblio. Chi ha visitato recentemente Zavattarello, ha certo presente il ricordo suggestivo localmente realizzato degli aviatori alleati caduti nel corso della missione per rifornire i nostri partigiani alla vigilia della calata su Voghera, Pavia e Milano. Certo può trarne qualche buon auspicio, ma si potrebbe fare altro e di più. Anni fa era stata avanzata, ma poi purtroppo è sfumata, un’idea per tener viva la memoria di quel che la nostra provincia (e non solo l’Oltrepò), aveva vissuto nel 1943/45. La ripropongo ai nostri amministratori, qualunque sia il rispettivo credo politico: non si potrebbe, con modica spesa, costruire una rete di percorsi segnati come si usa nelle indicazioni turistiche, per tener vive vicende troppo a lungo affidate alle sole ‘colonne spezzate’ del martirologio partigiano?”.