Chi vince? Da piccoli ci insegnano che vince sempre il bene, alla fine; da grandi scopriamo che non è (quasi mai) così e se il bene vince è molto alla fine, anzi è dopo la fine. Se credi in Dio. Vince il più forte, fisicamente o economicamente. Vince il più potente che è sempre prepotente. A questa logica – stando almeno alla parabola, senza il commento finale di Gesù – non sfugge nemmeno Dio: i vignaioli uccidono il figlio, l’erede? E lui, il padrone, uccide loro. «Κακοὺς κακῶ», «i cattivi cattivamente», dice il testo; cioè ad azione corrisponde reazione uguale e contraria: usi la spada, di spada sarai ucciso. Ti pago con la stessa moneta che usi tu: occhio per occhio. Sentite il disagio? Qui non si può addolcire la pillola semplicemente opponendo i vignaioli al padrone: il male tutto da una parte e il bene dall’altra. Lo scontro è frontale e simmetrico. Qui emerge la violenza da entrambe le parti. Certo la conclusione sposta l’asse sullo scarto, ma chi è lo scarto? Rispondiamo senza esitazione: il Cristo Crocifisso, il Figlio amato. Resta però il fatto che il Padre paga con la tua stessa moneta: morte per morte. E la pietra scartata? Se continuiamo la lettura di qualche versetto e leggiamo tutta la risposta di Gesù – chissà perché sospesa a metà dai liturgisti! – scopriamo che anche la pietra può seminare morte: «Chi cadrà sopra questa pietra si sfracellerà; e colui sul quale essa cadrà, verrà stritolato». Violenza. Tanta, troppa violenza in questa parabola. Negli uomini e in Dio. Il tutto – credo – per dirci che la violenza genera violenza. Cambiano gli attori ma siamo sicuri che cambierà la sceneggiatura? Se vuoi davvero cambiare, l’unica possibilità è partire dallo scarto. È fare dello scarto la pietra angolare. Non semina morte: inciampare in essa non ti ucciderà, ti inchioderà alle tue scelte: di bene e di male. Sarà pietra d’inciampo: pietra che distrugge ogni tua sicurezza. Pietra che avrà un nuovo nome: misericordia.
Don Michele Mosa