Puoi raccontare l’uomo non definirlo. Puoi descrivere la donna non chiuderla in una definizione. Eppure hai la pretesa di definire Dio, di trasformarlo in un concetto e rinchiuderlo in un’idea. “Un solo Dio in tre persone”: e la Trinità è servita. Servita in modo così indigesto che nessuno di noi la sente presente e viva nella propria vita. Dio è sempre al singolare ma non è solo. È unico ma non è uno. È uno eppure sono tre. Le tue – come del resto le mie – formule teologiche vanno bene a scuola, servono per parlare di Dio (spesso ridotto ad astratta verità da studiare, niente più che una tesi da esame) ma non a parlare con Dio. Annoto un piccolo episodio di vita che mi ha colpito e che spesso richiamo a me stesso, soprattutto quando cado nel vortice dell’intellettualismo. Un giorno, uno dei padri dello Stato di Israele, l’ebreo polacco David Ben Gurion (1886-1973), si era trovato a discutere – nel kibbutz in cui si era ritirato dopo il suo impegno politico – col filosofo ebreo austriaco Martin Buber. Lo statista era ateo e cercava di capire le ragioni della fede intensa del suo interlocutore. Alla fine, il filosofo gli disse: «Se si trattasse solo di un Dio del quale fosse possibile parlare, anch’io non crederei; ma dato che si tratta di un Dio al quale si può parlare, per questa ragione io credo in lui». Il dio cristiano, il dio Trinità non è una formula, nemmeno quando lo invochiamo per una benedizione o lo incorniciamo nel segno della croce, è rivelazione del segreto del vivere, è la forza del vivere. È il senso e il perché del mio e del tuo vivere: è amore. E chi di noi potrebbe viere senza amore? Chi di noi vive senza amare? E non in teoria – non mi piace chi dice di amare tutti perché significa, almeno per me, che non ama nessuno: si ama la persona concreta che si incontra, che si ha davanti; si ama anche quando si discute, si litiga e ci si manda reciprocamente a quel paese. Amare è vivere non far poesia. Figuriamoci teologia. Trinità è rompere la solitudine perché «non è bene che l’uomo sia solo» è la prima e fondamentale verità dell’esistere umano per cui – scriveva Turoldo – «neanche Dio può stare solo». E – annotava un grande esegeta, Von Rad: «nella Bibbia non è Dio che è antropomorfo, ma è l’uomo che è teomorfo, ha la forma di Dio». Quindi non arrampicatevi sui muri per spiegare la Trinità, non nascondetevi dietro il solito raccontino di Agostino e del bambino in riva al mare, sfidate la vita, amate con tutto voi stessi e in questo modo, solo in questo modo, racconterete la Trinità, il “Dio Amore”. Il poeta Ezra Pound scriveva: «Ho amato il mio Dio come chi, bambino nel cuore, / cerchi profondi seni su cui riposare, / ho amato il mio Dio come fanciulla un uomo». E, per onorare la memoria nel centenario della sua nascita, lasciatemi concludere con le ultime parole del testamento di don Lorenzo Milani: «Caro Michele, caro Francuccio, cari ragazzi […] Ho voluto più bene a voi che a Dio, ma ho speranza che lui non stia attento a queste sottigliezze e abbia scritto tutto al suo conto. Un abbraccio, vostro Lorenzo”.
Don Michele Mosa