Il nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di di Finanza di Pavia ha effettuato questa mattina, giovedì 26 maggio, il sequestro probatorio di un’area di circa 140mila metri quadrati dell’ex Fibronit di Broni (Pavia). Si tratta di uno dei siti di interesse nazionale, che rappresentano aree contaminate di particolare estensione classificate come pericolose dallo Stato italiano e che necessitano di interventi di bonifica del suolo, del sottosuolo e delle acque superficiali e sotterranee per evitare danni ambientali e sanitari. L’indagine, coordinata dalla Procura di Pavia, riguarda i lavori di bonifica dell’area (nella foto dell’ufficio stampa della Guardia di Finanza di Pavia, il momento del sequestro dell’area, ndr). Sono stati notificati diversi avvisi di garanzia ad amministratori e responsabili delle società incaricate di bonificare il sito dell’ex Fibronit. Le principali ipotesi di reato contestate sono: frode nelle pubbliche forniture; truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche; alcuni delitti contro l’ambiente, fra cui inquinamento ambientale, omessa bonifica, attività di gestione di rifiuti non autorizzata, violazioni delle misure di prevenzione e protezione dei rischi connessi all’esposizione dell’amianto; responsabilità amministrativa degli enti per gli illeciti amministrativi. Oltre al sequestro dell’area, le Fiamme Gialle pavesi hanno perquisito gli uffici della stazione appaltante e e di due società esecutrici della progettazione e dell’esecuzione dei lavori del secondo lotto di bonifica. “I lavori – si legge in un comunicato della Procura di Pavia, firmato dal procuratore Fabio Napoleone – consistevano nel completamento dello smaltimento dei manufatti/tubazioni collocati sui piazzali esterni dello stabilimento, della bonifica dell’interno dei capannoni contaminati da amianto e della rimozione e smaltimento di tutte le lastre di copertura e tamponamento degli edifici dell’area”. Per questi lavori, la società che si è aggiudicata l’appalto ha ricevuto, complessivamente, oltre 8 milioni di euro a titolo di contributi e finanziamenti erogati dal Ministero dell’Ambiente e, in parte, da Regione Lombardia. L’indagine è stata avviata nel 2019 dalla Guardia di Finanza di Pavia. L’attività di continuo monitoraggio del sito fa “fondatamente ipotizzare – sottolinea ancora la nota della Procura di Pavia – un articolato sistema di frode in pubbliche forniture e prestazioni di servizi che sarebbe stato commesso a vantaggio delle società coinvolte. Infatti durante i lavori di bonifica del 2° lotto dell’area, sarebbero stati disattesi gli obblighi derivanti da un contratto di fornitura concluso con una società a partecipazione pubblica, violando, illecitamente e ripetutamente, le prescrizioni progettuali autorizzate con la conseguenza di non provvedere, di fatto, al corretto ripristino dello stato dei luoghi del Sin (Sito di interesse nazionale)”. Dalle indagini inoltre è emerso che “alcuni degli indagati, fra cui i direttori di cantiere, dei lavori e della sicurezza, in base ai ruoli rivestiti che prevedono, tra l’altro, di impartire delle direttive agli operatori di cantiere nonchè di vigilare sulle operazioni eseguite, anche omettendone l’attività di controllo in loco avrebbero consentito che l’esposizione alla polvere, proveniente dall’amianto o dai materiali contenenti amianto nell’area del sito monitorata dagli investigatori, non venisse ridotta al minimo con pregiudizio per gli operatori stessi e per la contaminazione dell’ambiente esterno”. Sarebbero così state violate le prescrizioni previste nel progetto definitivo di bonifica dell’amianto, approvato dal Ministero dell’Ambiente. Il sequestro si è reso “necessario per svolgere accertamenti tecnici volti a riscontrare le ipotesi di indagine, con particolare riferimento all’attuale presenza di sostanze nocive nell’area”.