“In Spagna il calcio è, prima di tutto, uno spettacolo sportivo: le squadre vanno in campo sempre per vincere e imporre il loro gioco. Non a caso i club spagnoli hanno vinto più volte in Europa negli ultimi 10 anni, a differenza nostra che non cogliamo un successo europeo da 12 anni. La verità è che il nostro calcio è il riflesso della cultura di un Paese che non riusciamo a cambiare; in Italia purtroppo la furbizia vale più del merito”. Ad affermarlo è stato Arrigo Sacchi, in un incontro svoltosi al Castello Visconteo di Pavia: l’ex allenatore del Milan e della nazionale è stato ospite del “Festival del Merito” organizzato dal Collegio Ghislieri.
“Al Milan abbiamo ottenuto grandi risultati grazie al lavoro e al collettivo: anche i giocatori di maggiore talento hanno capito che le vittorie potevano arrivare solo mettendo a disposizione le loro qualità alla squadra – ha aggiunto Sacchi -. La regola che tutti abbiamo interiorizzato è che ‘1 per 1’ vale sempre meno di ‘1 per 10’. La mia fortuna è stata quella di avere alle spalle una grande società, a partire dal presidente Silvio Berlusconi che ha creduto in me e mi ha difeso anche dopo qualche sconfitta subìta nella fase iniziale della mia esperienza milanese”.
Sacchi resta affezionato alla prima vittoria in Coppa dei Campioni, nella finale di Barcellona contro lo Steaua Bucarest: “Il giorno dopo, risvegliandomi, ho provato una felicità davvero unica. Ma anche la conquista dello scudetto, dopo la partita vinta contro il Napoli di Maradona, rientra tra i ricordi più belli”. Il tecnico di Fusignano spiega di non avere nessun rammarico, “neppure per la finale dei mondiali persa ai rigori contro il Brasile: un secondo posto che vale tanto”.
Dopo tanti anni, resta sempre fermo nelle sue convinzioni: “Il calcio è nato come uno sport offensivo, poi trasformato in difensivo. Guardate l’ultima finale di Coppa Italia, dove prima l’Inter e poi la Juventus si sono chiuse in difesa dopo essere passate in vantaggio. Ma è solo con un calcio offensivo e attraverso il dominio del gioco che si riesce a migliorare e a divertire gli spettatori. Non è stato un caso se quando sono arrivato al Milan c’erano 30mila abbonati e l’anno dopo eravamo passati a 65mila; d’altra parte anche quando allenavo il Fusignano eravamo passati da 30 a 300 spettatori…”.
(Nella foto, da sinistra, Arrigo Sacchi, il giornalista Carlo E. Gariboldi e Francesco Svelto, rettore dell’Università di Pavia)