“Sospeso. Aquilone impigliato fra i rami, prigioniero del vento mi agito. Volare è altra cosa”
È il giorno di Pasqua. Il sole si apre un varco nella notte. Le donne però hanno nel cuore una domanda: il masso… come lo sposteremo? Chi ci darà una mano a spostarlo? Correvano per le vie di Gerusalemme; il pensiero, schiacciato dal peso del masso che aveva chiuso il sepolcro, correva più veloce. Correre: per quale meta? Correre: senza alcuna meta? Spesso accade così agli uomini: si alzano al mattino e corrono. Dove? Il più delle volte non lo sanno. Corrono per sfuggire alle loro paure. Per non rispondere alle domande. Corrono perché è la legge della sopravvivenza, perché correre è l’unico modo che racconta a noi stessi di essere ancora vivi. “Ogni mattina in Africa, come sorge il sole, una gazzella si sveglia e sa che dovrà correre più del leone o verrà uccisa. Ogni mattina in Africa, come sorge il sole, un leone si sveglia e sa che dovrà correre più della gazzella o morirà di fame. Ogni mattina in Africa, come sorge il sole, non importa che tu sia leone o gazzella, l’importante è che cominci a correre”. Ma è davvero così? Davvero correre è davvero la cosa più importante? Davvero l’importante nella vita è correre? E se tutto non si riducesse al gradino più alto del podio, a una medaglia al collo, all’inno nazionale? Se non fosse il miglior esorcismo contro le nostre paure? Correre spesso non è volare. Correre è soltanto l’illusione che ti fa scambiare il filo attorcigliato dell’aquilone con la danza libera nel vento. Un filo impigliato fra i rami non è libertà, anche se il vento ti scompiglia i capelli. Vita è scoperta del masso che ti schiaccia e ti soffoca. Vita è la sorpresa del masso spostato e dell’ingresso aperto. Vita è una voce amica che sconfigge le paure. Vita è futuro, è passato da cui non devi più fuggire, è paura sconfitta. (…) Vita è correre per condividere amicizia. Per rompere solitudini. Per un abbraccio o un brindisi. Per asciugare una lacrima o piangere su una spalla. A Pasqua correre è sinonimo di felicità. Chi vive ancora nella paura non è Suo discepolo. Chi non esce dal guscio – sepolcro o tana che sia – come può dirsi cristiano? Non ti svegli al mattino per scappare: se qualcuno ti insegue, questo qualcuno si chiama Felicità. Buona Pasqua.
P. S.: Se anche oggi corri, non dimenticare di lasciare per strada semi di gioia e di raccogliere quelli che altri hanno lasciato per te.
Don Michele Mosa