Si avverte subito, accostandosi al “tema Covid”, una sorta di profonda ritrosia ad addentrarsi in tal tema: una ritrosia scaturente dall’immenso vociare che si alza nel mondo, dalle teorie che si snodano come i grani d’un rosario, dalla minimizzazione, dalle semplificazioni, dalle previsioni apocalittiche, dalle predizioni bianche e da quelle nere, senza alcuna attenzione per i colori intermedi. È, forse, il caso, allora, di riflettere – astenendosi rigorosamente da tentazioni di entrare in dispute su versanti medici, sociologici, tuttologici, che costituiscono afflizione quotidiana – su qualche precedente storico e su alcuni numeri, che possono aiutare a farsi un quadro “poco fabulizzato” delle vicende che tanto stanno condizionando la nostra vita, ormai da tanto tempo. Parlando di pandemie, la mente corre subito a quella della prima metà del ‘300, la tristemente famosa “peste nera del XIV secolo”, che imperversò per anni, dopo aver avuto origine in Asia, intorno al 1330. Nei successivi anni, vicini alla metà del secolo, il contagio dilagò in Europa, mietendo vittime. I numeri dei contagiati e dei morti, tanto più con le rilevazioni quanto mai approssimative del tempo, non sono certo precisi, ma restano pur sempre significativi di una sorte di apocalisse, che sbigottì gli abitanti del pianeta. Pur con le già citate approssimazioni, s’è calcolato che la peste nera uccise oltre 20 milioni di persone, ovverossia circa un terzo della popolazione europea. Delle vittime in Asia, dov’era nata, ed in Africa non si rinvengono rilevazioni di sorta. L’impatto sul livello della popolazione mondiale fu devastante e ci volle quasi un secolo per colmarlo. Saltando in avanti di quasi tre secoli, si approda al tristissimo periodo, dal 1629 al 1633, in cui “la peste bubbonica” flagellò tutta l’Italia settentrionale e, prima ancora, il territorio svizzero. Chi non ricorda la perdita, nel Nord Italia, di oltre un quarto della popolazione? E chi non ricorda le indimenticabili pagine manzoniane della peste a Milano, che perse addirittura i tre quarti della sua popolazione. Anche codesta pandemia atterrì le popolazioni colpite: tanto più, per rimanere all’Italia, che non mancò una successiva epidemia, che devastò l’Italia meridionale. Sempre sull’onda dei flagelli di bibliche dimensioni, sia nella percezione popolare sia nelle dimensioni che è stato possibile calcolare, si staglia sinistra la pandemia di “febbre spagnola”, che si abbatté su popoli già falcidiati dalla prima guerra mondiale: questa, dopo quattro anni e mezzo di durata, provocò la morte sui campi di battaglia di circa dieci milioni di soldati ed un numero doppio di feriti, ai quali si aggiunse circa un milione di civili morti ed oltre cinque milioni di feriti. Tutti i paesi del mondo stavano uscendo gemendo dalle macerie della guerra, quando furono investiti da un flagello ancor, se possibile, più terribile: l’epidemia di “febbre spagnola”, causata da un virus con varianti assai aggressive. E perchè più terribile? Ebbene, perchè provocò una ecatombe maggiore di quella provocata dalla Prima guerra mondiale. Le stime più prudenti calcolano oltre 20 milioni di morti: quelle più estese parlano di cento milioni di morti. La cifra più verosimile, tenuto conto di tanti fattori, oscilla intorno ai 50 milioni di morti. Nella sola India, si è parlato di quasi 17 milioni di morti. E una spiegazione della terribile letalità di un virus che devastava i polmoni, portando a morte rapida, è stata individuata nelle condizioni di complessivo deterioramento fisico, nella mancanza di idonea nutrizione e nelle misere condizioni di vita indotte dalla guerra. Ma c’è un aspetto sul quale l’opinione pubblica non pare essersi troppo soffermata: l’arco temporale fra la primavera del ’18 e quella del’ ’20 fu caratterizzato da una cospicua anomalia climatica. Ebbene, un secolo dopo, siamo alle prese con un’altra pandemia che spaventa. E qualcuno negherebbe che, specie negli anni più recenti, l’uomo ha fatto, in qualche modo scempio dell’equilibrio climatico? La sola causa? No di certo. Spaventose aggressioni virali sono il frutto di varie componenti, qual più, qual meno grave. Una semplice coincidenza? Potrebbe darsi. Ma, sovente – allorché nel valutare accadimenti storici precedenti si è, a tutti i costi, voluto parlare di coincidenze – sotto le coincidenze si è rimasti sepolti. Ed oggi? Oggi, ancora una volta, l’umanità è scossa da una pandemia che non risparmia nessuno, salvo che non si voglia dare attendibilità alla reiterata proclamazione, da parte della Corea del Nord, di totale assenza del contagio sul suo territorio.
Del Covid-19 è stato detto di tutto e di più, ancorché il virus, del tutto “immune” alle affabulazioni degli umani, stia continuando a variare ed a seminar lutti. Che dire, allora? Concludere sul filo del discorso fin qui seguito: storia e numeri. Quanto a questi ultimi, colpisce il dato degli Stati Uniti d’America: oltre 800.000 morti finora. Con il Covid in pieno sviluppo, a fronte di poco più di 650.000 morti, complessivi, di pandemia “spagnola”, c’è – par ragionevole osservare – di che riflettere. È ragionevole che, come sempre, la scienza è e sarà l’ancora di salvezza. Epperò, non si può fare dello scientismo il totem salvifico in assoluto. Intorno alla scienza deve posizionarsi una serie di componenti sintonici, capace di rendere più agevole e conchiudente il cammino della scienza.
Del Covid-19 è stato detto di tutto e di più, ancorché il virus, del tutto “immune” alle affabulazioni degli umani, stia continuando a variare ed a seminar lutti. Che dire, allora? Concludere sul filo del discorso fin qui seguito: storia e numeri. Quanto a questi ultimi, colpisce il dato degli Stati Uniti d’America: oltre 800.000 morti finora. Con il Covid in pieno sviluppo, a fronte di poco più di 650.000 morti, complessivi, di pandemia “spagnola”, c’è – par ragionevole osservare – di che riflettere. È ragionevole che, come sempre, la scienza è e sarà l’ancora di salvezza. Epperò, non si può fare dello scientismo il totem salvifico in assoluto. Intorno alla scienza deve posizionarsi una serie di componenti sintonici, capace di rendere più agevole e conchiudente il cammino della scienza.
E poi? Poi, non si può dimenticare la forza onnipotente della Natura, che Dante traduce in chiave fideistica, con sublime poesia: “STATE CONTENTI, UMANA GENTE, AL QUIA; CHÉ SE POTUTO AVESTE VEDER TUTTO, MESTIER NON ERA PARTURIR MARIA”.
Dott. Gustavo Cioppa, Magistrato, già Procuratore Capo della Repubblica di Pavia e Sottosegretario alla Presidenza di Regione Lombardia