Leggo queste parole ancora immerso nel clima della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani (in proposito consentitemi di ringraziare chi l’ha organizzata e chi vi ha partecipato in modi diversi e di ricordare a noi tutti che l’ecumenismo non è una materia di studio per pochi specialisti ma è la vita di tutti i giorni: il mio vicino di casa è un ortodosso come forse il compagno di banco di tua figlia…). Leggo – dicevo – questa pagina sullo sfondo della preghiera di Gesù “ut unum sint”, “che siano una cosa sola”: forse per questo mi sono accorto – non ci avevo mai pensato – che l’espressione senza preoccupazioni può anche significare senza divisioni. So che il discorso di Paolo ruota sul senso della verginità e del celibato e del matrimonio ma mi sembra che potremmo anche intendere un richiamo alla capacità di vedere e leggere la nostra vita – di individui e di Chiesa – attraverso lo sguardo di Cristo. O, se preferite, scoprire in Cristo chi sono io, chi è lui/lei, chi siamo noi. La nostra giornata è fatta di mille incontri, di centomila cose da fare: la casa, il lavoro, la spesa… i figli, i nipoti, gli amici… spesso a sera, tirando le somme, siamo letteralmente a pezzi: non solo perché stanchi ma perché divisi interiormente: chi viene prima? Chi è più importante? E domani da dove inizio? Non avere preoccupazioni: bell’ideale. E se invece provassimo a cercare in Cristo e nel suo Vangelo il centro? Se cercare Lui fosse il modo privilegiato, e concreto, per avere un centro che fa unità della nostra vita? Vedo la mia famiglia in Cristo e la amo come Lui ama la Chiesa. Vedo il mio lavoro in Cristo e lo vivo come Lui ha vissuto a Nazareth. Vedo la mia fede alla luce del come Cristo ha vissuto il suo rapporto con il Padre e con gli uomini e le donne che incontrava. Preoccupati no. Forse neppure occupati. Solleciti sì. Cioè non schiacciati dalle cose e divisi in noi stessi e dagli altri ma attenti e custodi. “I care”, direbbe don Milani. La cura – ci ha ricordato il Papa il 1° gennaio scorso – è il vaccino del cuore. E vale – aggiungo io – per il Padre e per i suoi figli. Che bello se riuscissimo a vivere così: senza divisioni. In casa e nella società. In chiesa e nella cristianità tutta. Sposati e non sposati. Laici e religiosi. Non perché intruppati come soldatini ma perché radicati in Cristo. Che – ricorda sempre Paolo ai Corinzi – «non può essere diviso».
Don Michele Mosa