Oltre tremila metri di quota, una temperatura media di -52,7 gradi centigradi, ghiaccio e neve, bianco ovunque. E la missione italo-francese a cui sta partecipando non prevede evacuazioni dalla base. Lorena Faraldi, ha 45 anni, nata a Milano ma legata a doppio filo a Pavia dove ha iniziato a studiare dalle scuole medie, è passata al Liceo classico Ugo Foscolo, poi all’Università presso la facoltà di Medicina e Chirurgia e quindi alla specialità in Anestesia e Rianimazione, ed ha iniziato la sua carriera lavorativa al Policlinico San Matteo. Oggi lavora presso la base Concordia, che è una delle uniche 4 stazioni scientifiche costruite sul plateau antartico. La base si trova su un altopiano ghiacciato, ad una altitudine di 3220 metri. Sul settimanale “Il Ticino” di venerdì 28 luglio raccontiamo la sua storia attraverso una emozionante intervista, di cui qui di seguito riportiamo qualche stralcio.
Come si lavora e si resiste a temperature insopportabili per qualsiasi essere umano?
“In questi primi giorni di luglio, nel bel mezzo dell’inverno polare (è buio h24), la temperatura media è stata di – 52,6°C (- 67°C se consideriamo la temperatura ‘Wind Chill’, che è quella percepita dall’uomo a causa del vento), ma nei giorni precedenti abbiamo raggiunto temperature Wind Chill di – 96°C e negli anni scorsi si sono registrati anche – 106°C. Nonostante queste temperature estreme tutti i membri dell’equipaggio escono ogni giorno a svolgere le proprie attività e questo è possibile perché abbiamo in dotazione un’attrezzatura adeguata per poter sopportare queste temperature, ovviamente per tempi limitati. Lavorare fuori non è comunque semplice: il più delle volte per eseguire molte manovre è necessario rimuovere i guanti più esterni (si esce con circa 3 o 4 guanti indossati a strati) e questo porta ad un rapido raffreddamento delle estremità, per cui dopo anche 1 minuto si inizia a sentire un gran dolore alle dita e si è costretti a indossare nuovamente i guanti, scaldarsi le mani e poi ricominciare tutto da capo. E comunque dopo un certo tempo, il freddo si fa sentire parecchio nonostante l’equipaggiamento.
Lei ha studiato a Pavia ed ha iniziato la sua carriera al San Matteo: ricordi? Esperienze? Il suo legame con la città?
“Ho effettuato tutti i miei studi a Pavia, dalle scuole medie, al Liceo classico Ugo Foscolo, all’Università di Medicina e Chirurgia e quindi alla specialità in Anestesia e Rianimazione, ed ho iniziato la mia carriera lavorativa al Policlinico
San Matteo. Ovviamente avendo passato così tanti anni in questa città ne conservo numerosissimi ricordi: indimenticabili i favolosi anni universitari e di specialità, durante i quali ho conosciuto quelli che sono ancora i miei migliori amici (e alcuni di loro abitano e lavorano ancora a Pavia) e durante i quali ho ricevuto dalle scuole (sia il Liceo che l’Università) un metodo di studio e di lavoro che hanno improntato la mia vita e che mi hanno permesso di raggiungere sempre maggiori successi, fino ad arrivare all’Antartide… Come sarebbe bello che i miei insegnanti mi vedessero ora!”
Quando rientrerà in Italia? E quale sarà la prima cosa che farà appena tornata?
“Il rientro in Italia non è ancora programmato: la pandemia ha creato dei disagi nell’organizzazione logistica della prossima Spedizione, ma verosimilmente il rientro potrebbe essere a dicembre, dopo oltre un anno di permanenza antartica
(ho messo piede nel continente ghiacciato l’8 novembre 2019). Appena tornata sicuramente il pensiero va alle persone che amo: voglio passare un po’ di tempo con loro!”.
(nella foto principale Loredana Faraldi durante un’uscita dalla base Concordia)