La vita dunque inizia con la morte. Incontrando la morte. Incomprensibile: la vita finisce con la morte. O, se volete, lotta ogni giorno con la morte: “mors et vita duello conflixere mirando”, morte e vita si sono affrontate in uno straordinario (indescrivibile ma non insolito) duello, canta la Sequenza della Pasqua. Scontro dagli esiti altalenanti: per uno che vive, c’è sempre l’altro che soccombe. Paolo però non sta anticipando Martin Heidegger e il suo “essere per la morte”: non è un modo per vincere l’angoscia e la paura. Modo che per altri versi potrebbe essere delegato alla religione che “consola” il lutto e apre alla “vita eterna in paradiso”. Si tratta di fare propria l’esperienza della morte di Cristo, anzi si tratta – unico vero modo di sperimentare la morte, credo – di sperimentare il sepolcro. Di stare cioè nel Sabato Santo. Questo è forse ciò che oggi manca alla Chiesa e a noi cristiani. A me. Forse la celebrazione liturgica del battesimo per immersione rendeva più comprensibile questo passaggio: lasciarsi sommergere dall’acqua e poi riemergere, stare senza respirare per qualche secondo è un ricordo indelebile. Un simbolo che vivi e comprendi. Di questo ho bisogno: riscoprire i simboli. Imparare ad ascoltarli. Farmi guidare da essi. Il battesimo non è per la vita eterna, se per vita eterna intendo un “post-vita” terrena, un domani che verrà. Il battesimo è per la vita. Oggi. Il mio Sabato Santo, quello che mi è mancato, forse è la settimana dell’Ottava di Pasqua, quella della catechesi mistagogica: l’essere accompagnato nel deserto per farmi guidare all’incontro con Cristo. Per risorgere con Lui. Sono stato battezzato ma non sono ancora risorto perché non ho sperimentato la morte.Ha ragione Heidegger, e con lui tutto ciò che abbiamo costruito negli ultimi decenni: ormai non muore più nessuno, semplicemente “Si muore”. La morte accade ma Io muoio? Così però – ed era inevitabile – non vivo ma mi faccio vivere, salvo poi costruire una vita “virtuale” in internet. Ho bisogno di sperimentare il Sepolcro di Cristo e il Sabato di Maria: altrimenti non sarò mai un cristiano. Sarò solo religioso. Mi accontenterò di attendere il paradiso “facendo il bravo”, facendo il bene. Io invece voglio vivere. E vivere in pienezza. Vivere della vita in abbondanza che Cristo dona ai suoi discepoli. Rileggiamo dunque – nella traduzione interconfessionale in lingua corrente (quella che rende meglio, penso, il pensiero di Paolo) – il brano che la liturgia ci propone: «Per mezzo del battesimo che ci ha uniti alla sua morte, siamo dunque stati sepolti con lui, affinché, come Cristo è risuscitato dai morti mediante la potenza gloriosa del Padre, così anche noi vivessimo una vita nuova».
Don Michele Mosa