La Sacra Scrittura di domenica 17 maggio

Il commento di don Michele Mosa. "Io sono la Via"

E questo adesso cosa significa? Perplessità più che comprensibile quella di Tommaso e degli altri discepoli. Ogni giorno un nuovo enigma. Un nuovo problema. Come se il Maestro si divertisse a rendere difficile il loro cammino. Io sono la Via. Almeno due cose mi vengono in mente:

  • Visti dall’esterno i discepoli del Rabbì di Nazareth sono detti Cristiani. E fin qui tutto va bene. Ma loro, i discepoli, come si definivano? Facile da sapere: sono «quelli della via» (At 9, 2). Così per esempio li conosce Saulo di Tarso. Questo dunque mi fa pensare che il riferimento dei primi discepoli non fosse una dottrina contrapposta a un’altra dottrina – contro i farisei, a differenza degli esseni… – ma la consapevolezza che davvero le Scritture si fossero compiute in Gesù Cristo. E che, di conseguenza, loro fossero discendenza di Abramo ed eredi non solo della promessa ma anche della sua fede e dell’alleanza che aveva legato il Patriarca e IHWH. Suona alle mie orecchie la professione di fede che Mosè insegna a Israele sulla soglia della Terra promessa: «Mio padre era un arameo errante» (Deut. 26, 5).
  • Il cristiano segue il Maestro camminando, lungo la via non frequentando aule e lezioni. Il loro Maestro cammina. E invita a cammina: «Andate in tutto il mondo». Questi giorni di quarantena facciano almeno fiorire in noi il desiderio della missione: non l’andare in giro per divertimento, per shopping o per fare sport. Il mettersi in cammino perché il Maestro cammina e se stai fermo rischi di vanificare la forza del Battesimo e di essere impedimento e ostacolo allo Spirito. Ti è già successo?

Mettiamoci di fronte al Crocifisso e invochiamo lo Spirito. Il vero motore della vita cristiana. Siamo troppo sedentari: la preghiera è per la missione non per sentirci a posto in coscienza (e con Dio). Dobbiamo camminare noi, non invitare gli altri a venire da noi. Dobbiamo imparare a “camminare insieme”. Sulle orme di Gesù.

 

Don Michele Mosa