di Mons. Corrado Sanguineti (Vescovo di Pavia)
Siamo entrati nella Settimana Santa che ha il suo culmine nei giorni del Triduo Pasquale nei quali la Chiesa rivive il mistero della passione, morte e risurrezione di Cristo. Con la domenica di Pasqua, si apre il tempo pasquale, cinquanta giorni per gustare e accogliere la luce e la gioia del Risorto. Quest’anno ci attende una Pasqua singolare, segnata dal tempo dell’epidemia in corso: una Pasqua sofferta. Non potremo raccoglierci nelle chiese per le celebrazioni così intense e suggestive del Triduo – potremo seguirle da casa attraverso la televisione e altri mezzi della comunicazione – non potremo riunirci con parenti e familiari per il pranzo di Pasqua, né tanto meno fare qualche gita o escursione il Lunedì dell’Angelo. Inoltre, per tanti questo è un tempo di dolore e di fatica: c’è chi ha perso una persona cara, c’è chi è ammalato e ricoverato, e i suoi familiari non possono vederlo e incontrarlo, c’è chi vive una forte preoccupazione per il lavoro e il futuro, ci sono famiglie che si trovano in gravi difficoltà economiche e persone che non hanno da mangiare, nonostante gli interventi messi in atto dallo Stato, dalle amministrazioni locali e da molteplici iniziative di carità e di volontariato. Eppure, i giorni del Triduo pasquale ritornano, e con la domenica di Pasqua inizia un tempo di luce e di gioia: i cinquanta giorni che vanno dalla Pasqua alla Pentecoste. Noi speriamo che le prossime settimane coincidano con la regressione dell’epidemia in corso e che progressivamente sia possibile riprendere il ritmo consueto della vita nelle famiglie, nella scuola e nell’università, nel mondo del lavoro, nelle comunità cristiane, che patiscono l’assenza dell’Eucaristia celebrata con i fedeli nelle nostre chiese. Anche in questo tempo complesso e difficile il Crocifisso risorto si fa presente, nonostante le porte chiuse delle nostre case, come alla sera di quel primo giorno dopo il sabato, e ha il potere di ridestare i nostri cuori, come quelli dei discepoli impauriti, tristi e delusi, mostrando i segni del suo amore, espresso nel dono totale di sé sulla croce e che si mostra più potente di ogni morte e di ogni oscurità. L’evangelista e apostolo Giovanni descrive così l’esperienza semplice e profonda dei discepoli: «La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: “Pace a voi!”. Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore» (Gv 20,19-20).
I doni nascosti in questa Pasqua
Proviamo a scoprire quali doni sono nascosti in questa Pasqua: mi sembra che si possono vivere almeno tre aspetti della ricchezza offerta anche nelle circostanze singolari di quest’anno.Innanzitutto possiamo riscoprire il desiderio di essere presenti, di partecipare a quel gesto fondamentale che è celebrare il Signore, incontrare il Signore nella liturgia, nella Messa, nella preghiera corale e comunitaria: ce ne accorgiamo, le celebrazioni da casa, in Tv, in streaming, sui social, offerte con dedizione da tanti sacerdoti, non valgono come l’esserci, perché ciò che avviene nella messa, nella liturgia non è una bella coreografia, una bella cerimonia, è l’accadere di un mistero e di una presenza. Forse non poter vivere di persona le celebrazioni, non poter da settimane andare a Messa e ricevere l’Eucaristia, ridesta il desiderio di Gesù, il desiderio di essere comunità. Inoltre, spogliati di tutto, attraverso l’aiuto sostitutivo delle celebrazioni seguite da casa, possiamo ritrovare il cuore profondo della Pasqua: guardare e rivivere nella memoria, nella preghiera, nell’ascolto della Parola, soprattutto del Vangelo, l’avvenimento di Gesù che muore per amore e che nella sua risurrezione apre un varco nel muro impenetrabile della morte. In questi giorni, soprattutto nel Triduo pasquale, lasciamoci prendere per mano e accompagniamo Cristo negli eventi drammatici e luminosi della sua passione, morte e risurrezione: il silenzio che avvolge le nostre città e paesi, le nostre strade può riempirsi di una Presenza da amare e a cui affidarci.
Il mistero di una vita che risorge e che vince la morte
Infine, al centro di questi giorni c’è il mistero di una vita che risorge e che vince la morte, proprio perché è una vita donata, non trattenuta, non tenuta per sé: così è stato per Gesù. Nella sera dell’ultima cena, stanno davanti a noi i segni di questa vita donata: la lavanda dei piedi, il nuovo comandamento dell’amore fraterno, il dono dell’Eucaristia, il corpo dato e il sangue versato nei segni del pane spezzato e del vino condiviso con i suoi amici. Vivere la Pasqua è accogliere la vita come dono: un dono di cui non siamo padroni e proprietari, e in questi giorni lo tocchiamo con mano, un dono che cresce e diventa fecondo solo se è condiviso. Tutti possiamo vivere così, nell’ordinarietà delle nostre giornate: nei rapporti in famiglia, nel perdono reciproco, nell’attenzione semplice a chi può avere bisogno di aiuto (anche solo una telefonata), nell’accettazione del presente che ora ci è chiesto di abbracciare. Nel vivere fino in fondo il compito che abbiamo nella società, nel lavoro: pensiamo all’opera preziosa e spesso nascosta di tante persone che in queste settimane stanno assicurando i servizi essenziali, pensiamo alla fedeltà e alla dedizione del personale sanitario negli ospedali, nelle strutture per anziani, e alla generosità dei numerosi volontari che in modo multiforme, cercano d’essere vicini ai senza tetto, alle persone più disagiate, agli anziani soli. Chiunque, secondo le sue possibilità, può contribuire con la presenza, con un’offerta, con una disponibilità a questo immenso spettacolo di bene che sta accadendo nella nostra Italia. Anche questo è celebrare la Pasqua, generare vita intorno a noi. Se vivremo così questi giorni, ne usciremo più ricchi, più lieti, più carichi di speranza. Ci possono accompagnare queste parole di Papa Francesco, pronunciate nella sera dello scorso 27 marzo, in una piazza San Pietro deserta e sferzata dalla pioggia, mentre scendeva il buio: «In mezzo all’isolamento nel quale stiamo patendo la mancanza degli affetti e degli incontri, sperimentando la mancanza di tante cose, ascoltiamo ancora una volta l’annuncio che ci salva: è risorto e vive accanto a noi. Il Signore ci interpella dalla sua croce a ritrovare la vita che ci attende, a guardare verso coloro che ci reclamano, a rafforzare, riconoscere e incentivare la grazia che ci abita. Non spegniamo la fiammella smorta (cfr Is 42,3), che mai si ammala, e lasciamo che riaccenda la speranza». Sia questa la nostra Pasqua: è il mio augurio e la mia preghiera per tutti!