La Sacra Scrittura di domenica 5 aprile

Il commento di don Michele Mosa. «Gesù Cristo è Signore!»

È strano entrare nella Settimana Santa, iniziare la salita la Calvario avendo davanti agli occhi e nel cuore la professione di fede pasquale: Gesù, il Cristo, è il Signore. Forse, siamo talmente abituati a legare Cristo a Signore – basta pensare alla preghiera liturgica: Per Cristo nostro Signore – che non ci facciamo nemmeno caso. È così e basta. Paolo invece ci sta dicendo che il Dio che si è rivelato al roveto a Mosè, il Dio di cui non si può pronunciare il nome è quel Gesù che alcuni hanno incontrato, che ha cambiato la sua vita e che lui annuncia come Unico Salvatore. Kyrios, Signore: l’espressione greca che traduce il termine ebraico che si pronuncia quando si incontra il nome di Dio IHWH: Adonai. È come se arrivando in cima al Calvario Dio, il Signore si manifestasse anche a noi come si è mostrato a Mosè: non più però nel roveto ma nel Crocifisso. Così se per Israele tutto parte da quell’incontro, per la Chiesa tutto parte da lì: dall’abisso oscuro della morte fiorisce la vita. Perché questa morte se la guardi distrattamente, se getti solo un’occhiata quasi per curiosità è come tutte le altre, se la osservi da vicino e con attenzione come il centurione ti accorgi che è unica, se poi abbracci il legno della croce come Maria senti la forza di una vita nuova. Di una vita già risorta. Ma «nessuno può dire “Gesù è il Signore” se non sotto l’azione dello Spirito Santo » (1 Cor 12,3). Appoggiandoci dunque a questa morte, contemplando il Crocifisso entriamo nella Settimana Santa, in questa Settimana Santa unica nella sua celebrazione, carica di fatica, dolore e morte: ho una certezza: non può non appoggiarsi a questo albero, non può non aggrapparsi a quest’ancora chi ama la vita. I germogli di quell’albero daranno i fiori più del giardino e i frutti più dolci della tavola.

 

Don Michele Mosa